La neurotecnologia è uno dei campi più discussi e caldi dell’ingegneria e, finora, ha ottenuto risultati che hanno dell’incredibile. Persone paralizzate sono, oggi, in grado di controllare con la mente arti robotici e cursori computerizzati, i ciechi ricevono impianti negli occhi che trasmettono segnali ai centri visivi del loro cervello. Il prossimo obiettivo dei ricercatori è quello di sviluppare dispositivi ed elettrodi impiantabili nel cuoio capelluto per registrare segnali cerebrali o inviare energia elettrica nel cervello allo scopo di modificarne il funzionamento, migliorandolo.
Molti di questi sistemi sono destinati ad aiutare le persone con gravi disabilità o malattie, ma cresce l’interesse per l’utilizzo di neurotecnologia per aumentare le capacità cerebrali quotidiane degli individui.
Colossi tech come Facebook e Neuralink di Elon Musk stanno sviluppando dispositivi di consumo destinati alla comunicazione basata sugli impulsi cerebrali, mentre alcune startup sono impegnate ad esplorare applicazioni nel campo dell’intrattenimento.
Tutto molto affascinante, ma quali sono le implicazioni etiche riguardo alle manipolazioni del cervello umano? Quanto tempo ci vorrà prima che questo possa avvenire? Quali sono gli ostacoli di questo tipo di ricerca?
Anders Sandberg, ricercatore presso l’Istituto Future of Humanity di Oxford (guidato da Nick Bostrom, studioso e leader nel campo dell’intelligenza artificiale, autore del libro Superintelligence incentrato sulla potenziale minaccia dell’AI), ha appena rilasciato un’intervista alla rivista online IEEE Spectrum spiegando in che modo la moderna neurotecnologia potrebbe riformulare la società.
Sandberg, con il suo dottorato in neuroscienze computazionali, non è di certo un filosofo, seppure il suo compito sia quello di pensare alle utopie e distopie tecnologiche, al futuro dell’intelligenza artificiale ed alle possibili conseguenze sul miglioramento umano attraverso modifiche cerebrali o dispositivi impiantati. Nessuno meglio di lui potrebbe affrontare il discorso etico della neuro tecnologia nel tentativo di migliorare il cervello umano.
La neurotecnologia dovrebbe limitarsi al suo compito oppure oltrepassarlo?
La definizione esatta di questa scienza è “l’impiego di tecnologie biologiche, meccaniche ed informatiche per studiare il funzionamento del sistema nervoso e curare patologie neurologiche”.
Quanto è eticamente discutibile la tecnologia invasiva che impianta elettrodi nel tessuto cerebrale per ottenere precisi segnali dal e nel cervello? Tutto questo è necessario per arrivare ad ottenere risultati utili ed importanti per l’umanità?
Al momento, questo tipo di tecnologia si applica in una piccola percentuale della popolazione per funzioni biologiche che sono andate perse (paralisi, cecità). Per il resto della popolazione, si possono raggiungere risultati diversi per qualcosa che si vuole ottenere davvero.
Un impianto avanzato nel cervello che migliori la qualità della vita, secondo Sandberg, deve essere un sistema molto più avanzato di uno smartphone, dello schermo di un computer o della realtà virtuale. Potrebbe trattarsi di un impianto (che prevede l’inserimento di elettrodi in testa) che, ad esempio, sia in grado di controllare il setpoint del peso.
Aziende e ricercatori sono concentrati sulle interfacce cervello/computer (BCI) in grado di leggere i segnali del cervello per controllare qualcosa nel mondo esterno. Altri stanno sviluppando BCI che ‘scrivono’ informazioni nel cervello. Quali dei due sistemi sono più efficaci per migliorarlo?
Secondo l’esperto di neurotecnologia Sandberg, attualmente è più facile ‘leggere’ piuttosto che ‘scrivere’ nel cervello. Le due applicazioni sono entrambe utili per scopi diversi: la lettura è utile nei casi di paralisi, la scrittura per la visione artificiale. Sandberg dice la sua: “gran parte delle applicazioni davvero importanti per il futuro dovrà puntare sul miglioramento nella comunicazione tra persone oppure tra persone e macchine e, per riuscirci, sono necessarie entrambe le applicazioni (lettura e scrittura cerebrale)”.
Secondo il ricercatore, non c’è nessuna ragione filosofica nel trattare la neurotecnologia come qualcosa di diverso o spaventoso rispetto, ad esempio, all’assunzione di farmaci. Ciò che spaventa è la novità scientifica: impiantare un elettrodo nel cervello non cambia la modalità del suo funzionamento.
Se si prendono lezioni di pianoforte o, in alternativa, un farmaco o l’utilizzo di un impianto cerebrale, è giusto sapere che nessuna di queste tre soluzioni potrà dare all’essere umano la possibilità di suonare immediatamente il piano; potrebbe, però, facilitarne l’apprendimento.
Arriviamo alla domanda più interessante ma anche più inquietante dell’intervista a Sandberg: un cambiamento nei sistemi cognitivi, emozionali e morali delle persone è possibile? È accettabile?
Il ricercatore ha raccontato di un interessante studio in cui si chiedeva agli studenti se fossero disposti ad utilizzare una tecnologia per migliorare se stessi. Tutti erano ben disposti a migliorare tratti cognitivi come attenzione, vigilanza e memoria ma si sentivano impacciati nel migliorare tratti come empatia e gentilezza. Questo perché le emozioni sono più vicine al cuore piuttosto che alla mente: questo atteggiamento è interessante, ci fa capire cosa pensiamo realmente del nostro essere.
Il miglioramento cognitivo, secondo lo studioso, sarà considerato abbastanza accettabile. Non si possono fare previsioni, ma potrebbe rendere le persone un po’ più intelligenti: risulta, senza dubbio, difficile affermare che si possano rendere più felici o fiduciose.
Una persona intelligente non è, necessariamente, la più felice nella società ma sappiamo anche che le persone meno intelligenti sono potenzialmente più vittime di un crimine. Sappiamo l’effetto deleterio del piombo nell’acqua potabile sull’intelligenza: peggiora le prestazioni scolastiche.
Un impianto cerebrale potrebbe agire da sistema anti-piombo, in questo senso, per potenziare le prestazioni del cervello. Una società di persone più intelligenti sarebbe un posto migliore, crescerebbe anche la collaborazione tra esseri umani.
Il miglioramento in termini di intelligenza si rivelerebbe positivo non necessariamente per tutti ma per coloro che, in genere, sono ostacolati per la mancanza di intelligenza e tendono a fare stupidi errori che peggiorano la loro vita. Coloro che ottengono maggior successo tendono ad essere intelligenti ma non superbi: accrescere la loro intelligenza può significare renderli ancor più capaci di risolvere problemi che altri non sanno risolvere. Sarebbe prezioso aiutarli a potenziare le loro virtù intellettive.
In un certo senso, la neurotecnologia sta tentando di realizzare la magia ma bisogna chiedersi che cosa si vuole ottenere dalle fiabe. Nel cervello esiste lo stimolo edonistico al sesso e quello legato all’amore ed alla compatibilità che porta alla scelta di un partner. Stimolare il senso di amore di una persona per spingerla ad innamorarsi con elettrodi impiantati nel cervello somiglierebbe molto alla tradizionale pozione d’amore. “E’ qualcosa di moralmente discutibile ed è questo il motivo per cui non vogliamo rendere la neurotecnologia possibile. Si potrebbe spingere chiunque a ‘bere’ la pozione d’amore sbagliata” afferma Sandberg.
L’altra domanda è: questa scienza potrebbe migliorare l’essere umano da un punto di vista morale, se applicata, ad esempio, all’applicazione della legge ed alla riabilitazione di reclusi? Oggi la legge punisce ma quanto riabilita?
Per riabilitare, è importante capire perché qualcuno ha fatto qualcosa di sbagliato - risponde Sandberg – Gran parte delle persone che diventano criminali sono spinte a farlo perché, spesso, non hanno altre chance o competenze per avere successo nella società. Per cambiare le cose, anziché punire ed agire con la violenza, sarebbe interessante trovare altre soluzioni, ad esempio utilizzare il miglioramento cognitivo nella riabilitazione o, ancora meglio, sfruttare questo miglioramento per far capire loro cosa hanno fatto e perché”. Spesso, i criminali non provano alcun rimorso per ciò che hanno fatto e che fanno. Farglielo capire sarebbe per loro la prova più dura, più impegnativa rispetto alla semplice punizione.
Considerando i grandi passi compiuti dalla scienza e dalla tecnologia, abbiamo creato un ambiente in cui non siamo adatti, preparati.
Si sviluppano automobili migliori, tecnologicamente avanzate ma, allo stesso tempo, per diventare piloti migliori dovremmo attendere un’evoluzione umana di molti anni.
Il nostro cervello non si evolve più di tanto per aiutarci a guardare i simboli su uno schermo, quindi, è necessario il supporto di un farmaco o di una tecnologia avanzata per migliorare la nostra attenzione allo scopo di sopravvivere in questo ambiente.
La misteriosa società neurotica Neuralink di Elon Musk sta per sviluppare un nuovo impianto chiamato neural lace (laccio neurale’). Secondo Musk, è necessario migliorare il cervello umano per stare al passo con l’intelligenza artificiale sempre più avanzata allo scopo di non lasciarci sopraffare da essa.
La domanda è: impiantare elettrodi nel cervello può evitarci il rischio di farci sottomettere dalla super intelligenza artificiale?
Secondo il parere di Sandberg, il ragionamento di Elon Musk è piuttosto stupido. Il miglioramento cognitivo tramite la neurotecnologia può aiutarci ad essere più intelligenti ed in grado di gestire meglio l’ambiente in cui viviamo ma non ci aiuterà a superare le macchine. Macchine che eseguono molto rapidamente ed incredibilmente i loro programmi. Unirci alle macchine potrebbe essere la mossa vincente: in fondo, immersi come siamo nella tecnologia, siamo da tempo fusi con le macchine.
Il CEO di Facebook, Mark Zuckerberg, dal canto suo, ha annunciato lo sviluppo di un’interfaccia computer/cervello: un sistema non invasivo in grado di rilevare il ‘linguaggio intenzionale’ nel cervello caratterizzandolo come testo.
Cosa pensa al riguardo Sandberg?
Una tecnologia del genere può rivelarsi promettente ed efficace, ma dipende dal meccanismo usato per leggere la mente. Certi meccanismi possono inviare facilmente messaggi offensivi seppure quei messaggi provengano da una sola porzione del cervello, contro la nostra intenzione come esseri interi. Prima di proporre a livello commerciale un sistema del genere, devono essere capaci di farlo funzionare in modo efficace in laboratorio
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