I pannelli solari, solitamente, li immaginiamo o vediamo in un deserto arido e polveroso. Perchè li colleghiamo a dove il sole picchia di più.
Ed in effetti è qui che la maggior parte delle installazioni solari in tutto il mondo sono costruite oggi. Ma un nuovo studio condotto da ricercatori in Svizzera – pubblicato lunedì negli Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze – rivela che i pannelli solari sulle cime innevate potrebbero generare la stessa quantità di energia delle installazioni urbane con molto meno superficie.
Lo studio deriva dalla decisione del paese alpino di eliminare gradualmente l’energia nucleare, secondo l’autrice principale Annelen Kahl. Una ricercatrice post-dottorato presso l’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne in Svizzera. Come parte della sua Strategia energetica 2050, la Svizzera ha vietato nuove centrali nucleari e ha pianificato l’eliminazione di quelle esistenti. Le quali attualmente generano il 35 per cento dell’energia del paese.
Quando questi impianti si spegneranno, qualsiasi energia prodotta dovrà essere generata da fonti rinnovabili. In questo momento, eolico e solare forniscono meno del 5% della potenza del paese. E così i ricercatori dell’EPFL sono andati alla ricerca di modi innovativi, per aumentare la percentuale di energie rinnovabili nel mix energetico della Svizzera.
Anche se il costo dell’energia solare è diminuito drasticamente negli ultimi anni e la tecnologia di immagazzinamento dell’energia è migliorata, ci sono ancora molti ostacoli alla sostituzione delle fonti energetiche non rinnovabili con il solare in particolare.
Tra cui un disallineamento tra la produzione di picco di energia, che si verifica durante i mesi estivi, e il picco della domanda di energia, che tipicamente si verifica durante l’inverno.
Kahl e i suoi colleghi si sono chiesti se installare pannelli solari nelle regioni montuose della Svizzera, che coprono più della metà del paese, possa aiutare a colmare il divario.
Fino ad ora non c’erano abbastanza dati disponibili per quantificare il potenziale dei pannelli solari ad altitudini elevate.
Kahl, che guarda un piccolo pannello solare dal suo ufficio di Davos, usava i dati raccolti ogni ora da strumenti satellitari sulla quantità di energia solare radiazioni che colpiscono la Svizzera e il potenziale di riflessione delle sue regioni innevate su un periodo di sei anni.
L’analisi ha dimostrato che la collocazione strategica di pannelli solari in regioni innevate e innevate potrebbe dimezzare il deficit energetico invernale.
E probabilmente è una sottostima, secondo Kahl. La risoluzione dei dati satellitari era relativamente grossolana: ogni pixel copriva un’area di pochi chilometri quadrati, il che significa che la copertura nevosa, e quindi la quantità di energia solare riflessa ai pannelli solari, poteva variare all’interno di ciascun pixel.
La Kahl fa però notare che lo studio non affronta tutti i potenziali ostacoli all’installazione di pannelli solari sulle montagne. Compresi l’accettazione sociale, l’economia, la logistica e le infrastrutture esistenti. In quanto il costo di installare pannelli solari su terreni accidentati e remoti e ottenere quell’energia sulla rete potrebbe superare i benefici. Ma Kahl è cautamente ottimista.
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