Saturno ha le stagioni: lo conferma uno studio dell’Università dell’Alabama

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Saturno è uno dei pianeti più misteriosi e interessanti del nostro sistema solare, non solo per il suo caratteristico anello, ma anche e soprattutto per il suo inusuale moto di rotazione. Gli scienziati hanno infatti tentato di stabilire quanto tempo impiega il pianeta a ruotare sul suo asse: scoprire la durata di una giornata su un altro pianeta sembra un compito semplice, ma si tratta di compito estremamente complesso.

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Se si tratta di un gigante gassoso come Giove, che non ha caratteristiche riconducibili ad una superficie solida, gli scienziati possono “ascoltareperiodicamente le modulazioni dell’intensità dei segnali radio creati all’interno del campo magnetico del pianeta. Per Saturno, che per decenni ha ostacolato i tentativi di stabilire il suo esatto periodo di rotazione, il discorso è più complesso.

 

Il mistero della rotazione di Saturno potrebbe essere stato rivelato

Un nuovo studio nel Journal of Geophysical Research potrebbe aver finalmente svelato il mistero della rotazione del gigante gassoso. Il periodo di rotazione di un pianeta è una delle sue caratteristiche fondamentali, insieme alle sue dimensioni, composizione, periodo orbitale e altri elementi che non solo lo descrivono, ma aiutano a spiegare il suo “comportamento”, la sua storia e forniscono persino indizi sulla sua formazione.

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Saturno emette solo onde radio a bassa frequenza che sono bloccate dall’atmosfera terrestre, rendendo difficile studiare la rotazione di Saturno dalla Terra. Fu solo quando i veicoli spaziali furono inviati su Saturno che gli scienziati furono in grado di raccogliere dati sulla sua rotazione. I primi viaggiatori inviarono indizi sulla sua rotazione nel 1980 e nel 1981: una prima documentazione suggeriva che il pianeta ruotasse una volta ogni 10 ore e 40 minuti.

 

Il fondamentale contributo della sonda Cassini

Questo è stato quello che abbiamo definito il suo periodo di rotazione“, ha detto Duane Pontius del Birmingham-Southern College in Alabama e coautore dello studio. Quando la navicella Cassini arrivò su Saturno 23 anni dopo il lancio allo scopo di studiare il pianeta per 13 anni, trovò qualcosa di sorprendente. “Nel 2004 abbiamo visto che il periodo di rotazione era cambiato di 6 minuti“, ha detto Pontius. Ma come fa un pianeta a cambiare la velocità di rotazione in 20 anni? Questo cambiamento richiede centinaia di milioni di anni! Ancora più misterioso fu il rilevamento di schemi elettromagnetici che suggerivano che la rotazione del pianeta fosse diversa negli emisferi nord e sud.

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Per molto tempo, ho pensato che ci fosse qualcosa di sbagliato nell’interpretazione dei dati“, ha ricordato Pontius. “Non sembrava davvero possibile“. Per scoprire cosa stava davvero succedendo, Pontius e i suoi colleghi hanno iniziato ad osservare Saturno dal pianeta più vicinoGiove. “Che cosa manca a Saturno che ha Giove?“; la risposta fu: le stagioni. L’asse di Saturno è inclinato di circa 27 gradi, simile all’inclinazione di 23 gradi della Terra, mentre Giove ha un’inclinazione di soli 3 gradi.

 

Si spera che nuovi studi portino alla luce ulteriori elementi

L’inclinazione implica che gli emisferi nord e sud di Saturno ricevano quantità diverse di radiazioni dal Sole a seconda della stagione. Le diverse dosi di luce ultravioletta influenzano gli atomi ai margini dell’atmosfera di Saturno. Secondo il modello proposto da Pontius e dai suoi colleghi, le variazioni di UV dall’estate all’inverno nei diversi emisferi influiscono in modo da creare più o meno resistenza alle altitudini. Questa differenza di resistenza rallenta l’atmosfera, che è ciò che determina la variazione del periodo di rotazione vista nei segnali radio.

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Il nuovo modello fornisce una soluzione al mistero degli “impossibili periodi di rotazione” di Saturno. Mostra inoltre che i periodi osservati non sono il periodo di rotazione del nucleo di Saturno, che rimane tutt’ora non misurato. Pontius ha presentato il modello all’inizio di quest’anno in una riunione e ha affermato che esso ha ricevuto accoglienza positiva. Ora si spera che altri ricercatori facciano il prossimo passo per affinare il modello, cercando di interpretare i dati raccolti fin’ora da Cassini.

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