Scoperta record: buco nero in crescita esplosiva nell’universo primordiale

Date:

Share post:

Un nuovo studio pubblicato su Astrophysical Journal Letters ha rivelato l’esistenza di un buco nero supermassiccio dalle caratteristiche straordinarie. Si tratta di RACS J0320-35, un quasar situato a circa 12,8 miliardi di anni luce dalla Terra, osservato com’era quando l’universo aveva appena 920 milioni di anni. Questo oggetto cosmico non solo emette più raggi X di qualsiasi altro buco nero noto dell’epoca primordiale, ma sta crescendo 2,4 volte più velocemente del limite previsto dai modelli teorici, noto come limite di Eddington.

La scoperta e gli strumenti utilizzati

L’individuazione di RACS J0320-35 è frutto di un lavoro coordinato da un team internazionale di ricercatori, tra cui diversi dell’Istituto di Astrofisica e Scienze Spaziali (IA). Il primo segnale è arrivato grazie al radiotelescopio ASKAP in Australia, incrociato con i dati ottici del Dark Energy Survey in Cile. Per affinare la distanza e confermare le caratteristiche del quasar sono stati utilizzati il telescopio Gemini-South e, soprattutto, il Chandra X-ray Observatory della NASA, che ha permesso di determinare il tasso di crescita fuori scala.

José Afonso, astrofisico e coautore della ricerca, ha spiegato che “i primi miliardi di anni dell’universo si stanno rivelando molto più dinamici e complessi di quanto pensassimo. Scoperte come questa aprono nuovi scenari per capire l’origine dei primi buchi neri”.

Un gigante cosmico che sfida la teoria

Il buco nero ha una massa stimata di un miliardo di volte quella del Sole e alimenta un quasar così luminoso da superare intere galassie. Quando enormi quantità di materia vengono risucchiate e riscaldate dal buco nero, si produce un’energia immensa sotto forma di raggi X e luce visibile. Normalmente, la pressione di radiazione derivante da questo processo dovrebbe bilanciare la gravità, impedendo un’accelerazione incontrollata della crescita. Eppure, RACS J0320-35 sembra ignorare questa legge, ingrandendosi a un ritmo superiore a qualsiasi aspettativa.

Questa anomalia potrebbe significare che i primi buchi neri dell’universo non si sono formati solo dal collasso di stelle massicce, ma forse da processi più esotici, come il collasso diretto di enormi nubi di gas primordiale prive di metalli pesanti. Tuttavia, alcuni studiosi ipotizzano anche una crescita inizialmente moderata, accelerata successivamente da condizioni ambientali eccezionali.

Il ruolo dei getti cosmici e l’impatto sulla ricerca futura

Un aspetto intrigante della scoperta riguarda i getti di particelle ad altissima velocità, osservati in RACS J0320-35. Tali fenomeni, rari nei quasar, potrebbero essere legati alla sua crescita accelerata. La presenza di getti suggerisce che il buco nero stia trasferendo parte della sua energia all’ambiente circostante, influenzando la formazione delle galassie vicine e la distribuzione del gas nello spazio intergalattico.

Israel Matute, altro membro del team, sottolinea che “studiando questi oggetti a diverse lunghezze d’onda – dalle onde radio ai raggi gamma – possiamo ottenere un quadro completo dei processi fisici in gioco”. Anche le osservazioni con il satellite Fermi-LAT hanno confermato l’unicità del quasar, rendendolo un laboratorio naturale per testare i modelli cosmologici.

Una finestra sul passato dell’universo

Osservare un oggetto a 12,8 miliardi di anni luce significa guardare indietro nel tempo: la luce che vediamo oggi è partita quando l’universo era giovane e le prime galassie stavano appena prendendo forma. Questo fa di RACS J0320-35 una testimonianza diretta delle condizioni dell’universo primordiale e un elemento chiave per comprendere come i buchi neri supermassicci abbiano influenzato l’evoluzione cosmica.

Gli scienziati intendono ora cacciare altri quasar simili, utilizzando nuovi telescopi come il James Webb Space Telescope e le future antenne del Square Kilometre Array. Trovare altri esempi potrebbe chiarire se RACS J0320-35 sia un’eccezione o rappresenti un fenomeno più comune nei primi 800 milioni di anni del cosmo.

Una sfida aperta alla cosmologia moderna

La scoperta di questo buco nero “impossibile” dimostra che l’universo è ancora capace di sorprendere e ribaltare teorie consolidate. Mentre gli astrofisici cercano risposte, RACS J0320-35 diventa un simbolo delle domande irrisolte sull’origine e la crescita dei buchi neri supermassicci. Ogni nuova osservazione non solo ci avvicina a comprendere il passato del cosmo, ma ci ricorda quanto poco conosciamo davvero dell’immensità che ci circonda.

Foto di BoliviaInteligente su Unsplash

Federica Vitale
Federica Vitalehttps://federicavitale.com
Ho studiato Shakespeare all'Università e mi ritrovo a scrivere di tecnologia, smartphone, robot e accessori hi-tech da anni! La SEO? Per me è maschile, ma la rispetto ugualmente. Quando si suol dire "Sappiamo ciò che siamo ma non quello che potremmo essere" (Amleto, l'atto indovinatelo voi!)

Related articles

Amazon lancia le offerte del Black Friday in anticipo: ecco le migliori

Il Black Friday è sempre più vicino e Amazon ha già iniziato a sfornare una marea di offerte...

Baxdrostat: il nuovo farmaco che abbassa la pressione nelle 24 ore nei pazienti con ipertensione resistente

L’ipertensione è una delle principali cause di morte nel mondo, ma la forma più difficile da trattare —...

Perché l’Africa ospita i giganti della Terra: il ruolo chiave dell’uomo

L’Africa è l’unica regione al mondo dove la megafauna terrestre non solo sopravvive, ma prospera. Elefanti che superano...

Prostata e limone: cosa dice davvero la scienza e quali benefici possiamo aspettarci

La salute della prostata è un tema centrale per milioni di uomini, soprattutto dopo i 50 anni. Tra...