Scienza

Strato di ozono, l’erosione potrebbe aver portato all’estinzione di massa

I ricercatori dell’Università di Southampton hanno dimostrato che un evento di estinzione di 360 ​​milioni di anni fa, che uccise gran parte della pianta terrestre e della vita acquatica di acqua dolce, fu causato da una breve rottura dello strato di ozono che protegge la Terra da dannose radiazioni ultraviolette (UV). Questo è un meccanismo di estinzione recentemente scoperto con profonde implicazioni per il nostro mondo in fase di riscaldamento oggi.

C’è stata una serie di estinzioni di massa nel passato geologico. Solo una fu causata da un asteroide che colpì la Terra, che fu 66 milioni di anni fa quando i dinosauri si estinsero. Tre degli altri, tra cui la fine del Grande Morire di Permiano, 252 milioni di anni fa, furono causati da enormi eruzioni vulcaniche su scala continentale che destabilizzarono le atmosfere e gli oceani della Terra.

 

Lo strato di ozono ha causato l’estinzione di massa

Ora, gli scienziati hanno trovato prove che dimostrano che alti livelli di radiazioni UV hanno fatto crollare gli ecosistemi forestali e ucciso molte specie di pesci e tetrapodi alla fine del periodo geologico devoniano, 359 milioni di anni fa. Questa dannosa esplosione di radiazioni UV si è verificata come parte di uno dei cicli climatici della Terra, piuttosto che essere causata da un’enorme eruzione vulcanica.

Il crollo dell’ozono si è verificato quando il clima si è rapidamente riscaldato a seguito di un’intensa era glaciale e i ricercatori suggeriscono che oggi la Terra potrebbe raggiungere temperature comparabili, scatenando un evento simile. I risultati di tale studio sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances.

Tutta la logistica sul campo per analizzare zone anche molto difficili da raggiungere è stata organizzata da CASP, un ente di beneficenza indipendente con sede a Cambridge specializzato in lavori geologici remoti. Mike Curtis, amministratore delegato di CASP, afferma: “Abbiamo una storia di assistenza ai geologi della ricerca come John Marshall e colleghi per accedere ad aree remote del campo e siamo particolarmente lieti che la loro ricerca abbia dimostrato di avere implicazioni così profonde, che possono essere di grande aiuto per capire come bisogna contrastare in modo ancor più deciso i cambiamenti climatici”.

Francesco Borea

Studente universitario Appassionato di tecnologia

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