Scienza

Testati gli impianti cerebrali che cambiano l’umore

Una serie di nuovi impianti cerebrali potrebbero fornire un trattamento più efficace dei disturbi mentali, poiché in possesso di algoritmi più personalizzati in grado di sviluppare terapie non invasive. Gli scienziati dell’Università della California e del Massachusetts General Hospital degli Stati Uniti hanno eseguito le prime prove di impianti neurali destinati a registrare l’attività del cervello e stimolare il cervello nel trattamento di malattie mentali. 

Gli specialisti hanno utilizzato impianti “a circuito chiuso” controllati dall’intelligenza artificiale che rilevano modelli correlati ai disturbi dell’umore e, quindi, si adattano a riportare il cervello a uno stato sano, come si legge grazie ai risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Nature. 

Quindi, gli impianti neuronali, che generano impulsi elettrici per regolare i sentimenti e il comportamento umano, potrebbero stimolare il cervello a trattare i disturbi mentali, come la demenza e l’Alzheimer. La ricerca è stata finanziata dalla Defense Advanced Research Projects Agency del Pentagono (DARPA) al fine di curare soldati e veterani di guerra affetti da depressione e disturbo da stress post-traumatico. Il dispositivo, che si ritiene sia in grado di trattare queste condizioni, è già stato testato su sei volontari. 


“Per la prima volta avremo una finestra sul cervello”

Gli esperti si aspettano che, a differenza dei precedenti tentativi di stimolazione cerebrale profonda, la stimolazione a ciclo chiuso fornirà un trattamento migliore a lungo termine per i disturbi dell’umore, dal momento che la nuova generazione di algoritmi è più personalizzata e si basa su segnali fisiologici e non sulla decisione di un medico.

Il neuroscienziato Edward Chang ritiene che i dati degli studi sull’impianto cerebrale potrebbero aiutare a sviluppare terapie non invasive per la malattia mentale che stimolano il cervello attraverso il cranio. “La cosa più eccitante di queste tecnologie è che, per la prima volta, avremo una finestra sul cervello che ci permetterà di sapere cosa succede lì quando qualcuno subisce una ricaduta“, ha spiegato Chung a Nature.

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