Salt and Sacrifice rappresenta il seguito spirituale di un titolo che ha indubbiamente appassionato moltissimi giocatori in tutto il mondo (Salt and Sanctuary), da tempo presente per le principali console, quali sono appunto Xbox Series X e PS5, sbarca in questo periodo su Nintendo Switch, e lo fa con una fedele trasposizione dell’opera originale. Scopriamolo assieme nella nostra recensione completa.
I legami con il capitolo precedente sono pressoché nulli, per questo motivo potete giocare Salt and Sacrifice anche se non avete mai visto, nè sentito nominare Salt and Sanctuary. Nel corso dell’esperienza impersoniamo un Inquisitore, una persona che si è macchiata di una colpa/crimine particolarmente grave, il cui scopo è quello di spostarsi all’interno delle varie Regioni dell’ambientazione, alla ricerca dei maghi di cui dobbiamo letteralmente consumare i cuori (noi al contrario abbiamo subito il rito del Magivoro, con la conseguente impossibilità di uccisione). Una trama oscura e nascosta che lascia spazio a moltissimi dubbi e domande, le quali purtroppo resteranno senza risposta, infatti se non verso la fine con qualche dialogo con personaggi secondari, sarà molto difficile e complicate apprezzare il costrutto narrativo, che purtroppo andrà a passare appunto in secondo piano.
Nella nostra prova su Nintendo Switch non abbiamo notato difficoltà di vario genere nel mantenere il frame rate costante in tutte le aree di gioco, nemmeno nei momenti più concitati della stessa partita. Le sensazioni joycon alla mano sono assolutamente positive, i comandi rispondono in modo rapido e reattivo, mentre l’ambientazione oscura e tetra non fa altro che accentuare il senso di inquietudine che l’utente vive nel percorrere l’intera esperienza. Una resa complessivamente molto buona, che spinge fortemente sui punti luce pronti ad enfatizzare una determinata parte della scena, ricordando comunque che Salt and Sacrifice è un titolo a scorrimento orizzontale in 2D.
Il titolo si allontana dall’ottima esperienza del primo capitolo, volendo ispirarsi apertamente a Monster Hunter World, il tanto apprezzato metroidvania ispirato ai souls, prende una strada completamente differente, anche nella meccanica di gioco in sé. Nel corso dell’esperienza l’utente si ritrova ad attraversare un elevato numero di Regioni, all’interno delle quali dovrà cacciare un mago, dal quale recuperare il sale, che in altre parole è la moneta del gioco, da utilizzare per i miglioramenti di armi e di abilità. Ciò che manca è l’esplorazione, elemento caratteristico di tutti i metroidvania, quella componente che spinge l’utente alla ricerca dei segreti più oscuri e nascosti della mappa; infatti nell’ingresso id ogni regione si verrà quasi accompagnati in un percorso obbligato verso il boss finale, per poi tornare immediatamente all’hub centrale per i miglioramenti.
Lo stesso combattimento con i maghi è organizzato diversamente dall’ispirato Monster Hunter World, infatti nel corso del livello si incrocerà più volte il nemico da cacciare, il quale si teletrasporterà rapidamente verso il punto finale, lasciandosi alle spalle una scia di nemici più piccoli e deboli, pronti ad intralciare la strada. L’idea di per sè è carina e vincente, manca al contrario di mordente e di quel ritmo che effettivamente avrebbe reso l’esperienza molto più accattivante. Nella fase di combattimento vera e propria, abbiamo poi notato una spiacevole tendenza dei nemici a lanciarci letteralmente in aria, anche i più deboli, con conseguente rischio di cadere dalle piattaforme, con i boss invece capaci di inanellare una sequenza di mosse pronte a lasciarci senza scampo (o senza un minimo secondo per curarci). In poche parole lo scontro sembra essere tarato male, con una forte propensione verso il nemico.
La progressione del personaggio affonda le radici con quanto visto con Salt and Sanctuary, ad ogni passaggio di livello si riceve un punto abilità, che può essere poi speso all’interno di un albero tramite il quale sbloccare equipaggiamenti e potenziare varie categorie (tutte rappresentate da un singolo ramo). Una scelta che limita l’utente verso una specifica sezione, spingendolo in un’unica direzione (in altre parole non è possibile cambiare il personaggio, una volta partiti). L’unico modo per riuscire a potenziare correttamente il personaggio è effettuare una buona dose di farming, peccato che richieda molto più tempo del previsto, rischiando di annoiare irreparabilmente il giocatore.
In conclusione Salt and Sacrifice lo possiamo considerare come un gioco riuscito a metà, la trasposizione dell’esperienza su Nintendo Switch è assolutamente vincente, non si notano problematiche di sorta o difficoltà di genere, in termini di texture, conta poligonale o anche semplicemente di frame rate. Lo stile grafico appassiona ed incanta, perdendosi in un gameplay ed in una meccanica di gioco che risulta essere un mix di stili, senza però riuscire a spiccare in nessuno di essi. Il peggio lo troviamo nelle boss fight, con un livello di difficoltà tarato estremamente verso l’alto (forse troppo).
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