Thymesia è il nuovo titolo di OverBorder Studio, distribuito da Team17, disponibile nel periodo per tutte le console, nonché PC, ad un prezzo finale non superiore ai 30 euro. Scopriamolo da vicino nella nostra recensione completa.
Trama e ambientazione
In una ambientazione molto cupa e tetra, definita regno di Ermes, nella quale l’alchimia, dopo anni di ricchezza, ha portato lentamente alla distruzione, noi impersoniamo Corvus, un guerriero che ha letteralmente perso la memoria.
Questo è l’incipit di una lore fortemente ispirata alla opere di Miyazaki, la quale deve essere fortemente interpretata dal giocatore, e scoperta di volta in volta mediante la lettura delle tantissime note testuali dislocate nelle ambientazioni.
Il nostro obiettivo è di ricreare una soluzione alchemica per risollevare il mondo dal buio, mettendo così fine alla piaga che lo sta attanagliando. Per riuscirci, tuttavia, dovremo recuperare una serie di nuclei dislocati in varie aree, sufficientemente distinte tra loro.
Grafica
Il budget limitato si nota sin da subito, la qualità grafica non raggiunge livelli eccelsi, sebbene comunque nel complesso riesca a soddisfare pienamente anche l’utente più esigente. La conta poligonale è limitata, le texture non precise, ciò che convince è più che altro l’ambientazione in sé, con una bellissima gestione delle luci, che offre la giusta sensazione di tristezza e oscurità, quale è appunto l’obiettivo degli sviluppatori.
La differenziazione tra le varie aree è più che sufficiente, sebbene comunque si assomiglino molto tra di loro. I modelli dei nemici sono a loro volta molto simili, non presentano una grandissima varietà, sebbene comunque siano ben definiti, e siano dotati di una meccanica più che soddisfacente, esente da artifici visibili ad occhio nudo.
La colonna sonora è coinvolgente e sufficientemente ricca, ricorda molto il teatro delle marionette, ritenendola comunque più che adeguata all’esperienza, ed in grado di supportare alla perfezione l’intera esperienza.
Gameplay
Thymesia è a tutti gli effetti un soulslike, che richiama in parte anche Sekiro, basato quasi interamente sul “parry”, ovvero sul giusto tempismo dell’utente, nel riuscire a parare alla perfezione il colpo dell’avversario, data la quasi totale assenza di uno scudo a protezione del personaggio.
A differenza dei souls tradizionali, la prima cosa che notiamo è la rigidità nella personalizzazione, Corvus ha un suo stile di combattimento (artiglio + sciabola), che in nessun modo può essere cambiato o personalizzato, con classi o miglioramenti particolari. Lo stile di gioco si affida interamente all’artiglio, per quanto riguarda lo strumento atto a dare il “colpo finale” al nemico, mentre la sciabola, per infliggere il danno pestilenziale.
Il meccanismo di danno è a sua volta particolare, proprio perchè con la sciabola vedrete la barra dei nemici scendere rapidamente, la quale però sarà in grado di rimarginarsi nel tempo; a questo punto entra in gioco l’artiglio, il quale sigillerà il danno causato, impedendo il recupero.
Il level design non è particolarmente complesso o articolato, il percorso da seguire è ben definito e chiaro, lasciando poco spazio all’immaginazione. I nemici sono di poca varietà, sono complessivamente molto simili tra loro, e dislocati in specifiche aree, le quali non innalzano il livello di difficoltà.
Gli sviluppatori hanno giustamente pensato ad una progressione ben definita, la quale parte forse con il piede troppo sul freno, risultando nelle prime fasi fin troppo semplice ed alla portata di tutti (anche se è necessaria una certa pratica per ‘imparare’ lo stile di gioco).
I boss da sconfiggere sono relativamente pochi, in quanto la longevità rientra nelle 10 ore complessive, con una buonissima fattibilità, anche se non siete esperti di souls.
Stile di gioco
L’intera esperienza si articola su una serie di missioni, ambientate nelle principali macro-aree, e missioni secondarie. Quest’ultime sono fondamentali per salire di livello, anche se purtroppo l’ambientazione sempre la stessa, cambiando solamente il verso di esplorazione delle aree già viste.
Il farming non è particolarmente esteso, né invogliato dagli sviluppatori, ma resta una componente fondamentale dell’esperienza, in quanto permette di acquisire punti abilità, da spendere nei relativi alberi.
Migliorando determinate aree sarà possibile fruire di bonus passivi, come un incremento, la possibilità di curarsi in parte con ogni uccisione e simili, tutti riposizionabili nei punti di salvataggio (le lanterne). Ciò che rende l’esperienza più varia è sicuramente rappresentato dalle armi pestilenziali, le quali possono essere rubate letteralmente dai nemici, oppure sbloccate dopo aver acquisito un numero sufficiente di frammenti dai nemici. Le suddette sono appunto caratterizzate da variabili tipologie di attacco, le quali riescono a differenziare al massimo l’esperienza, permettendovi di personalizzarla secondo le vostre esigenze.
Thymesia: conclusioni
In conclusione Thymesia è un buon soulslike, che riesce a differenziarsi dalla massa con ambientazioni particolari, ed una natura intrinseca differente, sopratutto con un sistema di combattimento dotato di una natura ben precisa e definita, senza voler imitare troppo i titoli più blasonati.
Ciò che manca è invece una maggiore varietà di aree, sono davvero molto poche, con la conseguente riduzione della longevità generale, e forse una maggiore personalizzazione del personaggio.