Presto la centrale nucleare di Fukushima (Giappone) rilascerà in mare tonnellate di acqua contaminata immagazzinata in seguito all’incidente accaduto all’impianto nel 2011. L’acqua è stata pompata dall’operatore Tokyo Electric Power Company (TEPCO) per raffreddare i nuclei di combustibile, ma dopo nove anni lo spazio di stoccaggio si sta esaurendo e le autorità giapponesi hanno indicato come unica soluzione lo smaltimento dell’acqua nell’Oceano Pacifico.
Ovviamente la pericolosità di tale manovra ha subito generato trambusto e ha allertato l’organizzazione per i diritti ambientali Greenpeace. Secondo il gruppo ambientalista, l’acqua infatti conterrebbe carbonio radioattivo che potrebbe potenzialmente causare danni genetici al DNA umano.
Attualmente il piano per via dell’ovvia opposizione di ambientalisti e rappresentanti dell’industria della pesca, la decisione è stata rinviata. Onde evitare la disattivazione dell’impianto, il governo giapponese è ora al lavoro per trovare una soluzione alternativa per gestire l’acqua della centrale che aumenta ogni giorno sempre di più.
Secondo il rapporto di Greenpeace, l’acqua dei serbatoi di Fukushima conterrebbero l’isotopo radioattivo carbonio-14, che ha il potenziale di danneggiare il DNA umano. I serbatoi potrebbero contenere un totale di 63,6 GBq (gigabecquerel) di carbonio-14. Tuttavia stando ad un portavoce della TEPCO, tale la concentrazione dell’isotopo radioattivo nell’acqua trattata è di circa 2-220 becquerel per litro, quindi anche se bevuta 2 litri ogni giorno l’esposizione annuale alle radiazioni sarebbe ininfluente e non ci sarebbero in nessun modo risvolti collaterali sulla salute delle persone.
Per rispettare le normative la TEPCO effettuerà un trattamento secondario per ridurre il più possibile la quantità di carbonio-14 rilevato all’interno dell’acqua. Il vero rischio infatti è la quantità di isotopo radioattivo che verrà rilasciato in mare. Una manovra simile non è la prima volta che si verifica e l’accumulo di radiazioni negli anni che intaccano gli organismi marini che finiscono irrimediabilmente sulle nostre tavole potrebbe comportare seri problemi di salute per le persone.
Il governo giapponese ha assicurato che controlleranno adeguatamente la quantità di carbonio-14 nell’acqua prima di smaltirla nell’oceano. Per lo smaltimento si sono valutate diverse opzioni come trasportarla in un sito diverso nella prefettura o trasformarla in cemento, tuttavia ogni soluzione ha una propria preoccupazione ambientale e liberarsi di quest’acqua non sarà un compito facile. La decisione tuttavia andrà presa al più presto dato che al momento i serbatoi di Fukushima contano diversi milioni di metri cubi d’acqua radioattiva che continua ad aumentare rapidamente. Restiamo in attesa di aggiornamenti.
Foto di Rikako Matsuoka da Unsplash
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