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Alghe: la coltivazione per compensare il cambiamento climatico

Un nuovo studio suggerisce il passaggio da un’agricoltura basata sulla terraferma a una coltivazione diversa, di alghe. Questo passaggio per alcuni paesi potrebbe per affrontare la fame, la malnutrizione e allo stesso tempo far fronte al cambiamento climatico anche mitigandolo. Lo studio, pubblicato su Global Food Security, suggerisce che questo tipo di produzione potrebbe fornire un’alternativa sostenibile e redditizia all’allevamento del bestiame.

La coltivazione delle alghe offre numerosi vantaggi rispetto all’agricoltura tradizionale. Non richiede terra, acqua dolce o fertilizzanti chimici, il che lo rende un’opzione rispettosa dell’ambiente. Inoltre, le alghe sono una coltura ricca di sostanze nutritive e la crescente domanda globale di prodotti a base di alghe offre agli agricoltori l’opportunità di aumentare i loro redditi e migliorare le diete locali. Coltivando e vendendo alghe, gli agricoltori potrebbero aumentare il loro potere d’acquisto e contribuire a ridurre l’insicurezza alimentare nei LMIC.

 

Le alghe come nuovo tipo di agricoltura

L’allevamento di alghe è relativamente semplice ed è praticato da secoli in alcune parti dell’Asia. Gli agricoltori attaccano delle corde alle alghe, permettendo loro di assorbire i nutrienti dall’acqua. Dopo sei-otto settimane, vengono raccolte a mano ed essiccate al sole. Si tratta di fatto di una tecnica molto semplice, poco dispendiosa e poco inquinante, adatta quindi ai paesi più povero offrendo anche margini di migliorie tecnologiche per rendere il tutto più efficiente.

La coltivazione di alghe ha un’impronta di carbonio minima e può potenzialmente contribuire a ridurre i livelli di carbonio negli oceani. Gli studi hanno dimostrato che gli allevamenti di alghe brune possono assorbire fino a dieci tonnellate di anidride carbonica per ettaro di superficie marina all’anno. Inoltre, se utilizzate come mangime per il bestiame, le alghe hanno il potenziale per ridurre significativamente le emissioni di gas metano.

Giacomo Ampollini

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