A scuola, al telegiornale, in un documentario scientifico, chi non ha mai sentito nella propria vita dell’esistenza di Alpha Centauri? Nel caso abbiate vissuto in un altro pianeta tutto questo tempo, Alpha non è altro che il sistema stellare più vicino a noi, che molto presto sarà ancor più vicino alla Terra come non è mai stato e forse come mai lo sarà più. I visionari più audaci sperano che entro una generazione tecnologica e scientifica riusciremo a spedire una miriade di mini-sonde su questa stella, approfittando del periodo nel quale transiterà “vicino a noi”.
Tra questi speranzosi figura Stephen Hawking, fisico, matematico e astrofisico britannico, che presentato il programma spaziale Starshot Breakthrough, della Breakthrough Initiatives, e finanziata dal magnate russo Yuri Milner, al cui interno spicca la presenza al coordinamento di Mark Zuckerberg (creatore e ideatore di Facebook).
Presentato ieri, 12 Aprile 2016, Starshot Breakthrough arriva 55 anni dopo l’impresa di Yuri Gagarin, il primo uomo nello spazio.
Con una distanza di 4,3 anni luce (circa 40mila miliardi di chilometri) anche la sonda più veloce mai realizzata impiegherebbe qualcosa come 30mila anni per arrivare a destinazione; ma è proprio qui che gli scienziati della Breakthrough Initiatives hanno ideato un metodo che sarebbe capace (almeno in teoria) di imprimere un’accelerazione fino a 200 milioni di Km/h a delle piccole sonde spaziali. Per fare ciò queste dovrebbero spiegare una specie di “vela” a mo di aquilone che verrà spinto da un flusso energetico artificiale generato ed alimentato da sorgenti molto potenti capaci di fornire in pochi minuti 100 gigawatt di potenza (la stessa che serve per far decollare uno Space Shuttle).
I tempi di questa impresa e il perchè delle mini-sonde
Ipotizzando che il piano di Hawking per arrivare su Alpha Centauri funzioni, queste micro-sonde impiegherebbero comunque 20 anni per arrivare a destinazione, ed anche in quel caso, l’esito della missione non sarebbe garantito. Per fare un paragone, basti pensare che Voyager 1, decollata nel 1977, ha percorso 18 ore luce in 40 anni. Lo scopo finale sarà quello di scattare foto e raccogliere informazioni da rispedire sulla Terra, operazione anche questa che impiegherebbe circa 4 anni.
Perché tanti mini-satelliti? Fondamentalmente perchè inviare molti di questi chip di dimensioni ristrette, aumenterà le probabilità di successo e comunque costituiscono un vantaggio per il costo energetico, dato il peso di pochi grammi.
Spostare i confini del possibile è nella natura dell’uomo
“Quello che ci rende unici è trascendere i nostri limiti. La gravità ci spinge al suolo ma io sono appena arrivato in America volando. Oggi ci impegniamo in questo prossimo grande salto nel cosmo, perché siamo umani e la nostra natura è volare”.
Queste le parole con cui il geniale Stephen Hawking ha parafrasato l’ideale dietro al progetto Starshot Breakthrough per arrivare su Alpha Centauri. A dirigere il progetto poi ci penserà Pete Worden, ex direttore dell’Ames Research Center della NASA, e figurano nomi davvero illustri all’interno dello staff: Ann Druyan e il premio Nobel Saul Perlmutter. Il fatto poi che ci sia anche l’aiuto di Zuckerberg la dice lunga sull’interesse sempre più forte dei colossi “social”: Facebook con i viaggia interstellari e Google con le intelligenze artificiali e non solo.
Insomma la volontà di fare questo ulteriore “salto nello spazio” c’è e non possiamo far altro che elogiare il progetto e sperare nella riuscita dello stesso. Alpha Centauri si avvicina giorno dopo giorno, e magari non noi, ma i nostri figli potranno trarre beneficio dalle menti geniali degli scienziati che abbiamo citato poc’anzi. Fateci sapere la vostra e cosa ne pensate con un commento qui sotto.