Un team di scienziati dell’Università dell’Arizona e dell’Institute for Advanced Study (IAS), negli Stati Uniti, ha testato con successo la teoria della relatività generale basata sull’analisi dell’ombra di un buco nero.
L’indagine, i cui risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Physical Review Letters, è stata condotta in collaborazione con il progetto Event Horizon Telescope (EHT) e, ancora una volta, ha convalidato l’idea di Einstein secondo la quale la gravità sia la questione che distorce lo spazio-tempo. “Abbiamo scoperto che qualunque sia la teoria corretta, non può essere significativamente diversa dalla relatività generale quando si tratta di buchi neri“, ha detto l’autore principale dello studio, Dimitrios Psaltis.
La ricerca
Per arrivare a questa conclusione, gli esperti hanno lavorato con immagini del buco nero supermassiccio della galassia M87, dove hanno osservato che l’intensa gravità dello stesso spazio-tempo si accorcia e agisce come una lente d’ingrandimento, facendo sembrare più grande l’ombra di un buco nero di quanto non sia in realtà.
Questa è stata la prima volta che questa distorsione visiva è stata misurata da un team di esperti, rilevando che la dimensione dell’ombra del buco nero corrobora le previsioni di Einstein, anche in condizioni considerate più estreme. “Questo è davvero l’inizio“, ha aggiunto la coautrice dello studio, Lia Medeiros, sottolineando che ora che il team ha già dimostrato che è possibile utilizzare l’immagine di un buco nero per testare la teoria della gravità, le osservazioni future saranno “ancora più potente”.
Gli scienziati spiegano che l’ombra del buco nero è diversa da quella che si trova nella vita di tutti i giorni: mentre un oggetto fisico proietta un’ombra che impedisce il passaggio della luce, un buco nero può creare l’effetto di un’ombra che devia la luce su se stessa.
“Le immagini dei buchi neri forniscono un angolo completamente nuovo per testare la teoria della relatività generale di Einstein (…). Insieme alle osservazioni delle onde gravitazionali, questa scoperta segna una nuova era nell’astrofisica dei buchi neri“, ha detto Michael Kramer, direttore dell’Istituto Max Planck per la radioastronomia, che collabora al progetto EHT.
Ph. credit: ESA/Hubble, ESO, M. Kornmesse