Arresto cardiaco: un modo diverso di intervenire

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Negli ultimi decenni quando si ha a che fare con un arresto cardiaco, ci si muove sostanzialmente nello stesso modo, non importante più di tanto in quale paese ci si trovi. Di recente però ci sono paesi che stanno cambiando tecnica. In realtà due, solo perché oltre al Canada anche la Nuova Zelanda si è mossa in modo concreto. Si parla del DSED ovvero doppia defibrillazione esterna sequenziale e secondo i dati andrà a migliorare i tassi di sopravvivenza per molti pazienti.

Nell’arresto cardiaco la tempistica è fondamentale per salvare la vita delle persone e l’altro aspetto invece è l’energia elettrica. Per far ripartire il cuore servono delle scariche elettriche e con il metodo DSED si andrebbero a utilizzare due defibrillatori con lo scopo di rilasciare scariche rapide. Gli elettrodi posizionati in coppia sulla parte anteriore e laterale e anteriore e posteriore del torace, le scariche verrebbero fatte partire da un solo operatore in sequenza.

 

Un nuovo approccio all’arresto cardiaco

I dati raccolti nelle ambulanze in Nuova Zelanda parlando di un tasso di sopravvivenza del 30,4% mentre con l’approccio standard attualmente in uso si parla di appena il 13,3%. Un miglioramento notevole, ma comunque numeri basati su un campione ristretto che visto il paese preso in considerazione, difficilmente può risultare più grande.

Molti luoghi pubblici sono ormai dotati di defibrillatori semplici per i casi di arresto cardiaco improvviso e viene difficile pensare a una sostituzione massiva di questi dispositivi. Nello stesso tempo però, negli ospedali, nelle ambulanze e in altre strutture dedicate l’introduzione di questo nuovo metodo può di fatto cambiare molte vite.

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