Foto di maleni ferrari da Pixabay
Presentato in questi giorni un nuovo studio sul cancro al colon retto, ha suggerito che somministrando un anticorpo monoclonale è stato possibile evitare l’utilizzo della chemioterapia e la chirurgia, con una risposta immunitaria al 100%. Guarire del tutto da questa condizione è stato possibile per 12 giovani pazienti con il cancro avanzato con un deficit di funzionalità del sistema di riparazione del DNA, una condizione purtroppo associata ad una diminuzione della sopravvivenza e ad una minore risposta alla chemioterapia convenzionale.
Proprio per questa peculiare caratteristica, i pazienti hanno ottenuto una risposta immunitaria del 100% al trattamento immunoterapico. L’instabilità dei microsatelliti è presente in circa il 10-15% dei tumori del colon e dello stomaco ed è la principale alterazione genetica riscontrata nei tumori del colon retto ereditario. Lo status di questa instabilità è considerato un indicatore del deficit di funzionalità del sistema di riparazione del DNA.
Recenti studi hanno rilevato che il mal funzionamento del sistema di riparazione del DNA è un fattore predittivo per la risposta con l’anticorpo, cioè si è osservata una maggior risposta all’immunoterapia rispetto ai tumori senza difetti dell’MMR. Poiché questa tipologia di cancro risponde all’inibitore del Pd-1, i ricercatori hanno ipotizzato che anche quello localmente avanzato potesse essere sensibile a questo tipo di terapia fino al punto da consentire di evitare del tutto la chemioradioterapia e la chirurgia.
I ricercatori hanno condotto uno studio prospettico su 12 pazienti con età media di 54 anni e con adenocarcinoma rettale di stadio 2 e 3 con deficit di riparazione del mismatch. A questi pazienti è stato somministrato un anticorpo monoclonale anti-PD-1 in monoterapia, ogni tre settimane per sei mesi a cui far seguire poi chemioradioterapia standard o chirurgia. Per pazienti che avessero ottenuto una risposta clinica completa sarebbe stato possibile evitare del tutto i trattamenti standard. Ad oggi, nessun paziente ha richiesto chemioradioterapia o intervento chirurgico e nessun caso di progressione o recidiva è stato notato durante il follow-up. Non sono stati osservati eventi avversi gravi.
Incredulità, felicità e gratitudine sono le sensazioni di questi giovani alfieri di quella che potrebbe rappresentare una svolta nel trattamento di questo tipo di tumore. Certo si tratta di uno studio con pochi soggetti e la cautela è d’obbligo, ma le aspettative sono molto alte soprattutto per i pazienti più giovani per i quali evitare i trattamenti più aggressivi può voler dire tanto.
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