Industria del carbone in ginocchio: l’altra faccia della pandemia

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Inutile discutere sul fatto che questa pandemia ha fatto enormi danni sotto una moltitudine svariati di punti di vista, ma ci sono stati anche dei piccoli lati positivi. Quest’ultimi vanno presi, analizzati e cercati di essere riprodotti anche per il dopo emergenza. Un esempio è quello dell’industria del carbone, una delle tante che sta soffrendo a causa del coronavirus.

Uno studio condotto negli Stati Uniti ha portato alla luce dati interessanti. Si è usato molto meno carbone per la produzione elettrica, il 5% in meno. Sembra poco, ma il minore danno ambientale è stato invece enorme. Merito anche di alcune coincidenze dei mesi precedenti che hanno spinto il paese ha sfruttare momentaneamente più le energie rinnovabili.

La diminuzione non finisce qui però. Secondo le previsioni, la produzione del carbone statunitense dovrebbe diminuire del 25% prima della fine della pandemia. Altro aspetto positivo, se non si contano i posti di lavori persi, è che questa produzione potrebbe non riprendersi.

 

L’industri del carbone contro il coronavirus

Uno stralcio del rapporto: “Sebbene la US Energy Information Administration si aspetti che l’energia rinnovabile sia la fonte di generazione di elettricità in più rapida crescita nel 2020, gli effetti del rallentamento economico relativi al COVID-19 probabilmente influenzeranno la costruzione di nuove capacità di generazione nei prossimi mesi.”

“EIA prevede che il settore dell’energia elettrica aggiungerà 20,4 gigawatt di nuova capacità eolica e 12,7 gigawatt di capacità solare su vasta scala nel 2020. Tuttavia, queste previsioni sono soggette a un elevato grado di incertezza e EIA continuerà a monitorare le costruzioni di capacità pianificate segnalate.”

In sostanza, questa emergenza ha mostrato come le energie rinnovabili stiano diventano un’alternativa sempre più valida rispetto alla produzione di energia tramite combustibili fossili. Ci voleva una pandemia per farlo capire, ma meglio tardi che mai.

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