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Coronavirus: l’alto rischio di ricontagio dovuto ai nuovi ceppi

Si è sempre parlato di casi di reinfezione da coronavirus, ma si è trattato di casi percentualmente quasi inesistenti. Detto questo, con il progredire della pandemia sono leggermente aumentati e ora sembra essere venuta fuori una realtà alquanto preoccupante. In uno studio condotto in Brasile dal virologo dell’Imperial College di Londra, Nuno Faria, si è visto come i casi del genere sono diventati comuni.

Per dire questo, hanno preso in esame una particolare città. Manaus è stata molto colpita dalle ondata tanto che i tre quarti della popolazione erano già entrati in contatto con il coronavirus. Visto questa situazione, gli esperti erano quasi concordi nel dire che il virus era stato praticamente sconfitto localmente grazie all’immunità generale. Così non è stato.

Nel giro di poco gli ospedali hanno iniziato a riempiersi di nuovo e studiando i campioni a disposizione si è visto che è a causa di un nuovo ceppo chiamato attualmente P1. Quello che sembra attraverso i primi esami è che questa variante riesca a passare ignorando le difese immunitarie acquisite in precedenza.

 

Coronavirus: le reinfezioni

Attualmente sono tre i ceppi che più preoccupano, o che comunque sono stati identificati. Si tratta del ceppo brasiliano P1, quello inglese B.1.1.7 e quello sudafricano 501Y.V2. Gli ultimi due, ma soprattutto quello inglese, hanno già dimostrato di essere altamente contagiosi e i numeri nel Regno Unito lo dimostrano. La situazione preoccupa tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità sta lavorando a “contatto” con esperti da tutto il mondo per scoprire di più su questi ceppi. Sul tavolo ci sono anche i casi di reinfezioni, ma si cerca di capire soprattutto se i vaccini sono a rischio di non efficacia.

Ph. credit: Sky News

Giacomo Ampollini

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