Come sappiamo, i vaccini attualmente approvati hanno una percentuale di efficacia più alta di quello che in realtà è. Il motivo riguarda la sperimentazione che è stata fatta nel momento in cui il principale ceppo in circolazione era quello originale. Attualmente i paesi sono assediati da diverse varianti, soprattutto quella inglese, ma ce n’è un’altra che risulta particolarmente ostica.
La variante sudafricana, nota anche come B.1.351, presenta una mutazione della proteina spike che ha reso il virus in questione più bravo a evitare i nostri anticorpi. Un nuovo studio, in virtù di quello detto poc’anzi sull’efficienza non conosciuta sui nuovi ceppi, ha voluto scoprire il grado di protezione dei vaccini di Pfizer e Moderna.
Vaccini e coronavirus: il problema della variante sudafricana
Secondo lo studio in questione, il sangue analizzato di paziente che hanno preso il vaccino di Pfizer è risultato avere 10 volte anticorpi in meno dedicati a contrastare l’agente patogeno del ceppo B.1.351 rispetto a quelli contro la variante normale. Per quanto riguarda il vaccino di Moderna si parla di 12 volte in meno.
Questo scenario punte l’accento sul pericolo di queste varianti. Sono settimane che ormai si parla della possibilità da parte delle società farmaceutiche di sviluppare delle versioni aggiornate dei vaccini. Sono sicuramente già al lavoro, ma la loro utilità diventa sempre più importante.
In generale la situazione attuale ha resto ancora più importante riuscire a sconfiggere questo coronavirus in tempi brevi. Più tempo passa più c’è la possibilità di vedere nascere nuove mutazioni. Se per un paese è importante creare un’immunità di gregge per ritornare alla normalità nei propri confini nel medio termine, sul lungo è importante che tutto il mondo sconfigga il virus se no tra qualche mese ci ritroveremo di nuovo nella stessa situazione.