Coronavirus, uno studio spiega perchè è più letale per gli uomini

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Era chiaro fin dai primi mesi della pandemia di coronavirus che gli uomini si trovano a dover affrontare una sfida più difficile rispetto alle donne quando si tratta di sopravvivere alla malattia. Gli uomini più anziani sono infatti esposti ad un rischio di morte maggiore rispetto alle donne della stessa età, stando a quanto hanno scoperto i medici all’esito di una serie di studi che tentano di spiegare le ragioni di questa differenza. Mentre alcuni medici hanno ritenuto responsabile lo stile di vita più rischiosodegli uomini, altri hanno affermato che gli uomini presentano più recettori ACE2 rispetto alle donne, recettori che si trovano anche all’interno dei testicoli.

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Il coronavirus si lega infatti ai recettori ACE2 per infettare le cellule. Un altro studio aveva suggerito che un tipo di trattamento del cancro potrebbe effettivamente proteggere gli uomini dal Covid-19; separatamente, uno studio sull’obesità ha concluso che gli uomini in sovrappeso di età inferiore ai 60 anni hanno maggiori probabilità di soccombere alle complicazioni legate alla malattia. Lo studio più recente, invece, approfondisce il modo in cui il virus colpisce i due sessi, cosa che può spiegare il reale motivo per cui gli uomini hanno maggiori probabilità di morire a causa di Covid-19 rispetto alle donne della stessa età.

 

Gli uomini rispondono in maniera meno efficace alla malattia da coronavirus rispetto alle donne della stessa età

Gli scienziati di Yale hanno trovato prove che le donne sviluppano risposte immunitarie più efficaci rispetto agli uomini e questo potrebbe aiutarle a combattere l’infezione in modo più decisivo. “L’infezione naturale sta chiaramente fallendo nel fornire una risposta immunitaria adeguata negli uomini“, ha detto l’immunologo della Yale University, il dottor Akiko Iwasaki. Gli scienziati hanno confrontato le risposte immunitarie di 17 uomini e 22 donne che sono stati ricoverati in ospedale subito dopo essere stati infettati e ne hanno analizzato il sangue, i tamponi nasofaringei, la saliva, l’urina e le feci ogni 3-7 giorni. I pazienti avevano più di 60 anni e le donne erano in post-menopausa. Inoltre, i ricercatori hanno anche esaminato i dati di 59 uomini e donne che non soddisfacevano tali criteri.

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Gli scienziati hanno scoperto che le donne sono in grado di produrre un maggior numero di cellule T, il componente del sistema immunitario capace di “uccidere” le cellule infette e impedire la diffusione del coronavirus. Questi linfociti T sono emersi da molti studi sull’immunità conferita dalle precedenti infezioni di Covid-19 e potrebbero rivelarsi il meccanismo di difesa fondamentale contro il virus, sia quando si tratta di prevenire la reinfezione sia quando essa si verifica effettivamente. Più gli uomini erano anziani e malati, più debole era la risposta dei linfociti T rispetto alle donne. “Quando invecchiano, perdono la capacità di stimolare le cellule T“, ha detto Iwasaki. “Se osserviamo i pazienti che non sono riusciti a produrre i linfociti T, ci accorgiamo che sono proprio coloro che hanno subito un peggioramento della malattia“.

 

La spiegazione potrebbe essere trovata nel legame tra cellule T e livelli di citochine

Le donne, anche se più anziane, sono invece capaci di fornire una risposta immunitaria più efficace“, ha aggiunto. Tutti i pazienti avevano livelli elevati di citochine nel sangue, che segnalano al sistema immunitario che esiste una minaccia estranea che deve essere affrontata. Le citochine, comprese l’interleuchina-8 e l’interleuchina-18, erano elevate in tutti gli uomini, mentre solo in alcune donne vi erano livelli così alti. I ricercatori hanno anche scoperto che le donne che avevano alti livelli di citochine erano a rischio di sviluppare sintomi più gravi della malattia da coronavirus.

Tuttavia, gli scienziati non sono ancora riusciti a spiegare cosa causa la differenza tra queste due diverse risposte immunitarie. Un’ipotesi afferma che le donne potrebbero essere in tal senso predisposte perchè sono chiamate a combattere altri agenti patogeni, anche potenti, che potrebbero influenzare la gravidanza e danneggiare i neonati. Potrebbero quindi essere necessarie ulteriori ricerche per confermare i risultati dello studio di Yale, nonchè per mostrare come le risposte immunitarie variano a seconda dei gruppi di età.

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