Un nuovo studio ha avanzato una possibilità davvero interessante circa l’origine del coronavirus. Secondo Tom Jefferson, esperto del Center for Evidence-Based Medicine (CEBM) dell’Università di Oxford, il nuovo coronavirus sarebbe rimasto “dormiente” per anni prima di “riattivarsi” grazie a particolari condizioni ambientali. Jefferson ha infatti avanzato l’ipotesi che il virus fosse presente in ogni parte del mondo, prima che divampasse il focolaio-epicentro di Wuhan; inoltre, l’esperto evidenza che tracce del patogeno siano state rinvenute in campioni biologici di pazienti in Spagna, Italia e Brasile molto prima dello scoppio della pandemia.
L’epicentro della pandemia di coronavirus potrebbe quindi non essere effettivamente collocabile in Cina
Secondo diversi virologi, inoltre, evidenze in tal senso sarebbero state trovate anche nelle acque reflue in Spagna nel marzo 2019 e, a dicembre 2019, addirittura negli scarichi di diverse città del nord Italia come Milano e Torino. Questi rilievi, condotti dall’Istituto Superiore di Sanità, delineano quindi un quadro inedito della pandemia, soprattutto nel nostro paese. Addirittura, in Brasile sarebbero state trovate tracce del coronavirus nelle fogne di Florianopolis a novembre 2019!
“Forse ci troviamo dinanzi ad un tipo di virus dormiente, riattivato da determinate condizioni ambientali“, ipotizza quindi Jefferson, che dubita poi anche del fatto che la pandemia sia effettivamente scoppiata in Cina, visto che situazioni di questo tipo si sono già verificate con l’influenza spagnola: “Nel 1918, circa il 30% della popolazione delle isole Samoa occidentali morì di influenza spagnola senza aver avuto alcuna comunicazione con il mondo esterno. La spiegazione potrebbe essere solo che certi agenti sono sempre presenti e qualcosa li attiva: forse le condizioni ambientali. È questo ciò su cui dovremmo indagare“.