Grazie ai numerosi progressi nella tecnologia del DNA, ora sappiamo che siamo tutti un po’ Neanderthal. Il modo in cui i loro geni continuano a influenzarci è diventato un argomento di speculazione selvaggia, con qualsiasi cosa, dai capelli rossi alle abitudini del sonno, fino ad una potenziale eredità sulla depressione lasciata dai nostri cugini estinti.
Con ulteriori ricerche, molte di queste affermazioni sono state messe a tacere, ma tali suggerimenti rimangono, contestando che molti geni di Neanderthal continuano a dominare la nostra fisiologia, comportamento e persino suscettibilità alle malattie. Un nuovo studio suggerisce che almeno parte di questo potrebbe essere un po’ esagerato, non riuscendo a trovare più di una manciata di tratti che potrebbero essere influenzati dai nostri antichi geni.
Il DNA nostro e dei Neanderthal
I ricercatori dell’Università di Aarhus in Danimarca e un certo numero di istituti di ricerca islandesi hanno esaminato da vicino circa 28.000 genomi per capire se il possesso di DNA di antichi parenti ci rendesse più o meno probabili avere alcuni tratti biologici. Il team ha analizzato altri 286 genomi che rappresentano individui dell’Africa sub-sahariana come base comparativa, supponendo che il loro stesso DNA conterrebbe poco o nessun intruso gene di Neanderthal o Denisovan.
Trasformando sequenze che probabilmente appartengono agli umani moderni, i ricercatori sono stati lasciati con decine di migliaia di frammenti antichi sparsi in tutto il genoma di questa frazione della popolazione islandese. Tuttavia, non tutti i codici scoperti si sono evoluti nelle popolazioni di Neanderthal. Si è scoperto che circa il 3% era associato a un’altra famiglia di parenti antichi, i Denisovani. Ciò ha lasciato anche circa il 12% senza una chiara eredità, potenzialmente essendosi evoluta in ominidi a lungo persi che dobbiamo ancora scoprire.
“Sia individualmente che collettivamente, il nostro genoma ci consente di saperne di più su chi siamo dicendoci da dove veniamo”, afferma il neurologo Kari Stefansson, CEO della società biofarmaceutica deCODE con sede a Reykjavik. “Questo documento è una specie di rapporto di origine per un ramo della nostra specie, e ci sta dicendo che in questo particolare quartiere non siamo solo Homo sapiens ma anche i discendenti di antichi umani arcaici, specie di cugini il cui lignaggio non è quindi completamente estinto.”