A causa della difficile accessibilità e dell’elevato rischio di collasso o esplosione, l’imaging dei vulcani attivi è stata finora una sfida insormontabile per i vulcanologi. Ma i ricercatori guidati da Edgar Zorn, del Centro di ricerca tedesco Geoscienze GFZ di Potsdam, presentano ora i risultati di una serie di voli di rilevamento condotti grazie a telecamere ottiche e termiche montate su dei droni sul vulcano Santa Maria, in Guatemala.
Grazie all’uso dei droni, i vulcanologi possono studiare i vulcani attivi restando a distanza di sicurezza
I droni sono stati usati per osservare la cupola di lava e i ricercatori sono stati in grado di dimostrare che essa si muove secondo due diverse scale temporali: lenta espansione e crescita della cupola e rapida estrusione di lava viscosa. “Abbiamo equipaggiato un drone con diverse telecamere“, afferma Zorn, primo autore dello studio. “Abbiamo quindi fatto volare il drone sul cratere a vari intervalli, misurando i movimenti del flusso di lava utilizzando un tipo specifico di fotografia stereo, con una precisione mai vista prima”.
Osservando i dati ottenuti dal drone, i ricercatori sono stati in grado di determinare la velocità del flusso, i modelli di movimento e la temperatura superficiale del vulcano. Questi parametri sono infatti importanti per prevedere il pericolo di eruzioni; i ricercatori sono inoltre riusciti a derivare le proprietà di flusso della lava da questi dati: “Abbiamo dimostrato che l’uso dei droni può aiutare a misurare anche i vulcani più pericolosi e attivi sulla Terra da una distanza di sicurezza“, afferma Zorn.
Il lavoro di imaging dei vulcanologi che hanno partecipato allo studio è stato straordinario, ma molto complesso
Thomas Walter, vulcanologo della GFZ, anch’egli coinvolto nello studio, afferma: “Un monitoraggio regolare e sistematico dei vulcani pericolosi con droni sembra essere quasi alla portata di tutti“. Le due telecamere utilizzate per rilevare il cono vulcanico Caliente del vulcano Santa Maria sono state in grado di scattare foto ad alta risoluzione e imaging termico. Utilizzando un particolare algoritmo, i ricercatori sono poi stati in grado di creare modelli in 3D completi e dettagliati di queste immagini, ottenendo una topografia tridimensionale e un modello di temperatura del vulcano.
Queste missioni, se condotte con i droni, riducono considerevolmente il rischio per i vulcanologi, dal momento che le telecamere possono essere trasportate direttamente nei punti pericolosi, mentre gli scienziati rimangono a distanza di sicurezza. La sfida più grande risiede però nella post-elaborazione e nel calcolo dei modelli: “I modelli 3D dei vari voli devono essere posizionati in modo da poter essere confrontati. Ciò richiede un accurato lavoro, ma ne vale la pena perchè anche i movimenti minimi diventano subito visibili“, afferma Zorn.