Per anni è stata l’app colorata e giocosa che ha reso lo studio delle lingue accessibile a milioni di persone. Ma a fine aprile, Duolingo ha deciso di voltare pagina. Il suo CEO, Luis von Ahn, ha annunciato una svolta radicale: puntare tutto sull’intelligenza artificiale, riducendo il ruolo degli insegnanti umani nel processo educativo.
Una mossa audace, forse inevitabile in un mondo sempre più automatizzato, ma che ha scatenato una vera e propria rivolta digitale.
Nel giro di pochi giorni, le reazioni si sono moltiplicate. Su TikTok e Instagram, utenti storici dell’app hanno espresso frustrazione, delusione e rabbia. Alcuni lamentavano un abbassamento della qualità delle lezioni. Altri contestavano la scelta sul piano etico: è giusto sostituire il lavoro umano con un algoritmo, soprattutto in ambiti come l’educazione?
Duolingo ascolta gli utenti e cambia idea
Il malcontento ha preso piede rapidamente. Le community online si sono mobilitate, i commenti negativi sono diventati virali e molti utenti hanno dichiarato di voler disinstallare l’app. La risposta dell’azienda, però, non ha aiutato: Duolingo ha cancellato intere sezioni di contenuti dai suoi profili social, generando ulteriore confusione. I messaggi ufficiali? Contraddittori, poco chiari, a tratti surreali. Una crisi di comunicazione che ha messo in crisi l’immagine stessa del brand.
Dopo alcuni giorni di silenzio imbarazzato, è arrivato il dietrofront. Luis von Ahn è intervenuto per chiarire la posizione dell’azienda: l’intelligenza artificiale non sostituirà nessuno, ma sarà uno strumento di supporto per migliorare l’esperienza utente e il lavoro dei dipendenti.
Un tentativo di rassicurazione che, almeno in parte, ha funzionato. Ma la lezione resta: in un’epoca in cui l’innovazione è spesso vista come un valore assoluto, il fattore umano conta ancora. E non si può ignorare la relazione affettiva che molti utenti instaurano con un servizio, soprattutto quando questo li accompagna ogni giorno nella loro crescita personale.