Google, in proposito alla Quick Charge Mode, ha disposto una nuova rivalutazione, visibile all’interno del nuovo PDF online aggiornato, alle condizioni dell’Android Compatibility Definition, dove si introduce un fermo all’uso indiscriminato delle nuove tecnologie di ricarica rapida per soluzioni che vadano fuori specifica. In futuro, quindi, non ci sarà da stupirsi, se le soluzioni alternative fuori specifica venissero vietate.
Le nuove direttive Google in materia di ricarica veloce dei dispositivi sono dovute in gran parte al nuovo processo di standardizzazione verso l’interfaccia USB Type-C, la stessa che abbiamo visto a bordo dei Google Pixel. L’azienda, in particolare, scoraggia i produttori a non affidarsi a soluzioni prorietarie come Qualcomm Quick Charge, Oppo VOOC o MediaTek PumpExpress, le cui tecnologie sono spesso mutualmente fuori specifica rispetto ai caricabatteria previsti in dotazione.
In modo tale da evitare una inutile confusione in fase di acquisto, BigG vuole uniformare il mercato Quick Charge Android spingendo i produttori al rientro degli standard, secondo quanto dichiarato dalla società, pronunciatasi attraverso una seria raccomandazione sui metodi di ricarica ed il voltaggio VBus massimo richiesto. I problemi di interoperabilità tra i caricatori forniti, così facendo, verrebbero risolti in via definitiva in applicazione di uno standard USB comune a tutte le tecnologie proprietarie.
Le future versioni di Google Android, pertanto, si renderanno molto probabilmente compatibili con i caricabatterie USB Type-C standard. Risulta altrettanto vero, comunque, che la nascita delle tecnologie di ricarica rapida è antecedente l’era Type-C e che, quindi, la vicenda non induce semplicemente confusione ma un vero e proprio problema verso cui si attendono le risposte definitive dei produttori indipendenti e delle loro tecnologie.
Il documento, che trovate indicato al link precedente, fornisce le linee guida Google per l’uniformità degli standard di device e la loro compatibilità con l’ecosistema Android, da sempre orientato ad uno standard aperto che, anche in questo caso, ha concesso illimitate libertà di espressione, senza particolare cura nell’uniformare gli OEM.
Google, d’altro canto, sembra seriamente intenzionata a perseguire i propri obiettivi e, dolente o nolente, i produttori terzi dovranno adeguarsi. Ne sapremo di più nel corso delle settimane a venire.