Un drammatico allarme arriva dall’UNAIDS, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa della lotta contro l’HIV/AIDS: se i finanziamenti globali destinati alla prevenzione e al trattamento dell’HIV continueranno a diminuire, entro il 2030 si potrebbero registrare fino a 2,8 milioni di morti in più. Una previsione che mette in evidenza quanto siano ancora fragili i progressi fatti negli ultimi decenni e quanto costosa possa essere l’indifferenza.
Dopo anni di successi nella riduzione della trasmissione del virus e nell’aumento dell’accesso ai farmaci antiretrovirali, i recenti tagli al bilancio destinato all’HIV stanno compromettendo la capacità dei sistemi sanitari di mantenere sotto controllo l’epidemia, in particolare nei Paesi a basso e medio reddito, dove si concentra la maggior parte dei casi.
Allarme UNAIDS: i tagli ai fondi HIV potrebbero costare 3 milioni di vite
Nel 2023, il finanziamento globale per la risposta all’HIV nei Paesi in via di sviluppo è sceso a 20,8 miliardi di dollari, ben lontano dai 29,3 miliardi necessari ogni anno per raggiungere l’obiettivo di porre fine all’AIDS come minaccia per la salute pubblica entro il 2030. I programmi più colpiti sono quelli per la prevenzione, l’educazione sessuale e il sostegno alle fasce più vulnerabili della popolazione.
La riduzione dei fondi comporta un rallentamento nei test diagnostici, un minor accesso alle terapie salvavita e l’interruzione di campagne cruciali per evitare nuove infezioni. Secondo l’UNAIDS, l’impatto sarà particolarmente grave in Africa sub-sahariana, dove vive più della metà delle persone affette da HIV.
“Non possiamo permetterci di perdere terreno ora”, ha dichiarato Winnie Byanyima, direttrice esecutiva di UNAIDS. “I tagli di oggi significano morti domani. Ogni dollaro risparmiato ora potrebbe costare una vita in futuro.” La sua è una chiamata urgente all’azione per i governi, i donatori internazionali e il settore privato.
Una questione di giustizia, salute pubblica e responsabilità collettiva
Tra i gruppi più a rischio ci sono le donne, i giovani, le persone LGBTQ+ e coloro che vivono in condizioni di marginalità sociale. In molte regioni, questi gruppi stanno già subendo le conseguenze della riduzione dei servizi: cliniche chiuse, farmaci esauriti, assistenza sanitaria ridotta al minimo.
L’epidemia di HIV non è finita, e l’illusione che sia ormai sotto controllo rischia di far abbassare la guardia proprio nel momento più delicato. Le Nazioni Unite sottolineano che investire oggi nella prevenzione e nel trattamento non solo salverà milioni di vite, ma porterà anche risparmi economici a lungo termine, evitando i costi sanitari e sociali legati a una nuova ondata di contagi.
La comunità internazionale ha ancora tempo per invertire la rotta. Ripristinare e aumentare i finanziamenti, puntare su soluzioni basate sui diritti umani e rafforzare la collaborazione globale sono le chiavi per evitare una tragedia annunciata. La lotta contro l’HIV non può essere lasciata indietro: è una questione di giustizia, salute pubblica e responsabilità collettiva.
Foto di National Cancer Institute su Unsplash