Un’incredibile scoperta archeologica sull’isola di Skye, in Scozia, sta riscrivendo la storia delle prime migrazioni umane nel nord Europa. Cerchi di pietre visibili solo per poche ore l’anno e strumenti in pietra risalenti a 11.000 anni fa rivelano che gruppi di cacciatori-raccoglitori affrontarono un viaggio pericoloso verso l’estremo nord della Scozia in un’epoca segnata da ghiacci in ritirata e coste in trasformazione.
Una terra ostile, ma abitata
I reperti, descritti in un nuovo studio pubblicato sul Journal of Quaternary Science, rappresentano la più antica testimonianza di insediamenti umani nella Scozia nord-occidentale. La migrazione sarebbe avvenuta durante l’ultima fase dell’era glaciale, quando i ghiacciai si scioglievano rapidamente, modificando il paesaggio in modo radicale.
Gli archeologi hanno rinvenuto utensili tipici dello stile Ahrensburgiano, diffuso in Europa centro-settentrionale nel tardo Paleolitico. Questi strumenti – punte, raschietti e lame – erano utilizzati da comunità nomadi di cacciatori-raccoglitori, capaci di adattarsi a condizioni estreme.
I cerchi di pietre sommersi: capanne perdute nel tempo
Tra i ritrovamenti più enigmatici, i ricercatori hanno identificato una serie di cerchi di pietre sommersi nella zona intertidale. Delimitati da pietre di circa mezzo metro di diametro, disposte in modo preciso su fondale argilloso, questi cerchi – del diametro tra 3 e 5 metri – sono visibili soltanto durante le maree primaverili estreme, per poche ore all’anno.
Secondo gli studiosi, potrebbero rappresentare le fondamenta di antiche capanne ricoperte di pelli, analoghe a quelle rinvenute in Norvegia e datate tra 11.000 e 10.500 anni fa.
Un passaggio nascosto verso l’estremo nord
In quel periodo, l’abbassamento temporaneo del livello del mare avrebbe aperto un corridoio terrestre tra l’attuale isola di Skye e la terraferma scozzese, permettendo il passaggio a piedi verso nord-ovest. Una migrazione che potrebbe aver avuto origine nelle attuali Germania e Belgio, attraversando quello che oggi è noto come Doggerland, una vasta area ora sommersa nel Mare del Nord.
Una grande storia di avventura umana
Karen Hardy, archeologa preistorica dell’Università di Glasgow, ha definito questa scoperta “una grande storia di avventura”: pionieri del Mesolitico si spinsero verso territori instabili e ignoti, affrontando condizioni estreme per sopravvivere e prosperare.
Questi nuovi ritrovamenti gettano luce su un capitolo ancora poco conosciuto delle origini europee e testimoniano la straordinaria resilienza degli esseri umani preistorici di fronte ai mutamenti climatici.
Foto di Franz P. Sauerteig da Pixabay