Il Tylenol, noto anche come paracetamolo, è da decenni uno dei farmaci più usati al mondo per ridurre dolore e febbre. Presente in ogni armadietto domestico, è considerato un analgesico “sicuro” e di facile accesso. Ma nonostante il suo impiego su larga scala, per molto tempo il suo esatto meccanismo d’azione è rimasto in parte misterioso.
Recenti studi scientifici stanno gettando nuova luce sul funzionamento del paracetamolo, rivelando un collegamento sorprendente con il sistema endocannabinoide — lo stesso sistema coinvolto negli effetti della cannabis. Questo sistema biologico, presente naturalmente nel nostro corpo, è responsabile della regolazione di numerose funzioni, tra cui dolore, umore, appetito e memoria.
Il Tylenol agisce come la cannabis? La scoperta sul sistema endocannabinoide
Secondo la ricerca, il paracetamolo viene metabolizzato nel fegato in una sostanza chiamata AM404. È proprio questa molecola a interagire con i recettori endocannabinoidi, in particolare con il recettore CB1, presente soprattutto nel cervello. Il risultato? Una riduzione della percezione del dolore simile, in parte, a quella provocata da alcuni composti della cannabis.
Questa scoperta ha implicazioni profonde. Innanzitutto, aiuta a spiegare perché il paracetamolo funziona bene in alcuni tipi di dolore cronico e centrale, come quello causato da emicrania o fibromialgia, dove altri antidolorifici risultano meno efficaci. Inoltre, potrebbe aprire la strada a nuove classi di farmaci che imitano l’azione dell’AM404, potenziandone gli effetti terapeutici senza ricorrere direttamente alla cannabis.
A differenza degli oppioidi o dei cannabinoidi esterni, l’azione del paracetamolo sul sistema endocannabinoide è molto più delicata. Non produce effetti psicoattivi, né crea dipendenza, almeno secondo le evidenze attuali. Questo lo rende particolarmente prezioso in contesti clinici dove è necessaria un’analgesia “pulita”, come nella pediatria o nei pazienti anziani.
Un paradosso che potrebbe contribuire a rivedere i pregiudizi su entrambi
La scoperta mette anche in discussione alcune assunzioni tradizionali sul paracetamolo. Per decenni si è pensato che agisse esclusivamente inibendo le prostaglandine nel cervello, ma ora appare chiaro che la sua efficacia analgesica dipende da più meccanismi, e che il coinvolgimento del sistema endocannabinoide è tutt’altro che marginale.
Al di là della farmacologia, questo legame tra Tylenol e cannabis solleva anche un dibattito culturale: un farmaco considerato “innocuo” e da banco utilizza lo stesso sistema biologico di una sostanza ancora fortemente regolamentata in molte parti del mondo. Un paradosso che potrebbe contribuire a rivedere i pregiudizi su entrambi.
La scienza continua a scoprire come molecole note da decenni possano ancora riservare sorprese. Il caso del paracetamolo è un potente promemoria: anche i farmaci più familiari possono nascondere storie affascinanti e connessioni inaspettate, capaci di cambiare il nostro modo di intendere la medicina.
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