Una galassia molto distante da noi è stata osservata dagli astronomi grazie all’ausilio del telescopio Hubble, che da quasi 27 anni rappresenta l’occhio dell’umanità puntato verso lo spazio. Non si tratta certo della prima formazione di corpi celesti catturata dal più grande telescopio spaziale, ma presenta delle particolarità che lo rendono unico nel suo genere.
Il team di ricercatori, guidato da Alexandra Pope dell’Università del Massachussets, ha analizzato la galassia in questione, nota come MACS071_Az9, e ne emerge un coefficiente di formazione stellare quattro volte superiore a quello ravvisato nelle precedenti osservazioni. Una scoperta che apre molti interrogativi, scopriamo insieme di cosa si tratta.
Nuova scoperta di Hubble
L’utilizzo di lenti tradizionali è una tecnica che consente di utilizzare stelle, galassie o insiemi di galassie come lenti che consentono di vedere oggetti molto più distanti, si tratta di una tecnica che permette agli studiosi di analizzare oggetti troppo lontani per essere presi in esame con il solo ausilio di telescopi.
La galassia MACS071_Az9 presenta un elevato contenuto di polveri che non ha permesso di osservare la formazione di stelle durante le precedenti osservazioni, è servito l’utilizzo dell’LMT (Large Millimiter Telescope), ubicato in un vulcano spento nel entro del Messico. E’ grazie a LMT che è stato possibile ravvisare l’anomalia di questa galassia.
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Studiare le galassie durante la sua fase iniziale di vita permette di ottenere preziosi informazioni circa il modo in cui l’universo si è arricchito di metalli più pesanti di idrogeno e elio, come sottolinea la Professoressa Pope.
Il prossimo passo è ottenere dati più precisi circa la formazione di stelle, per fare questo è indispensabile istallare un nuovo sistema di cattura immagini sull’LMT, in modo da ottenere una mappatura 100 volte più veloce rispetto a quella attuale.
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Lo staff di studiosi ritiene che con questo upgrade sarà possibile effettuare un accurato censimento della formazione di stelle nelle galassie.
Fonte: thespacereporter.com