Nell’estate del 2019 l’Australia ha dovuto avere a che fare con una serie di incendi così devastati che è stata soprannominata l’estate nera. La biomassa andata persa è stata enorme e in alcune parti del paese la cenere ha letteralmente oscurato il sole. Come ogni cosa quando si parla di cambiamento climatico però, si tratta di un cane che si morde la coda e gli effetti sul clima sono stati inquietanti.
Quegli incendi in Australia, secondo nuovi dati satellitari, hanno di fatto creato un’ondata di caldo mai registrata prima nella stratosfera. Oltre a questo, anche il buco dell’ozono stesso ha subito degli effetti. Per intenderci la media globale della temperatura della stratosfera è salita di 0,7 gradi Celsius in quel periodo. Una situazione che è durata 4 mesi. Anche nel 1991 era successa la stessa cosa anche se inferiore a livello di numeri, colpa dell’eruzione del vulcano Pinatubo.
L’effetto degli incendi sulla stratosfera
Il fumo causato dagli incendi si è alzato fino a quelle zone dell’atmosfera dove le reazioni chimiche ha favorito l’allargamento del buco dell’ozono. Le parole dei ricercatori: “L’esaurimento dell’ozono serve ad aumentare la forza del vortice polare, attraverso il riscaldamento stratosferico ridotto e l’equilibrio del vento termico, fornendo un feedback positivo che sembra ritardare la rottura del vortice polare. Questo, a sua volta, ha contribuito al prolungato buco dell’ozono osservato nel 2020.”
Ci sono stati altri effetti a tutto questo effetto. Parte della quantità enorme di cenere è finita poi negli oceani. La cenere è fertile, ma non solo sulla terra ferma, anche in acqua e questo ha causato una fioritura eccessiva di placton che però a sua volte ha soffocato le creature più grosse.