Il concetto di Intelligenza Artificiale sta facendo valere le proprie argomentazioni in calce alla volontà dei big del settore Hi-Tech visti in Google, Facebook, Samsung e degli altri vettori che, attraverso l’ormai naturale processo tecnologico evolutivo, sperano di migliorare qualitativamente la nostra vita in applicazione alla risoluzione di problemi complessi che non contemplino errori di sorta, in affidamento a reti neurali intelligenti che, se da un lato di certo contribuiscono ad avvalorare tale tesi, dall’altro sollevano non pochi dubbi sulle potenziali ripercussioni per noi essere umani e per un’incontrollata rivolta in stile Terminator e Matrix.
Un fatto che, sebbene ancora lontano dalla fantascienza cinematografica, pone un campanello di allarme che può o meno essere preso in seria considerazione solo a seguito di un’analisi della nuova tecnologia.
Con Intelligenza Artificiale, pertanto, si intende indicare una combinazione organizzata di sistemi hardware e software che simulino, nei limiti evolutivi del processo tecnologico, la metodica di ragionamento e razionalizzazione della mente umana, anche attraverso sistemi ad auto-apprendimento evolutivi digitali.
In tale ottica, verrebbe meno la possibilità di commettere errori, comunemente presenti nel normale processo cognitivo umano e nelle conseguenti scelte effettuate in un ben determinato campo. Lo prova l’ultimo test sul riconoscimento del labiale umano durante una comunicazione a distanza, dove è stato ben chiaro il divario posto tra le macchine e professionisti del settore con alle spalle anni ed anni di esperienza sul campo.
John McCarthy, esponente della Stanford University, spiega che l’IA coinvolge meccanismi ben definiti in ben determinati settori dove non sempre si applica il processo assimilabile all’intelligenza umana, e che gran parte delle funzioni sono delegate ai software che, in questo contesto, possono fornire prestazioni ben lontane da quelle realizzabili da un essere umano in termini di precisione ed affidabilità.
Google e Facebook in prima linea per l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale
Sistemi, quindi, che non puntano a sostituire in toto l’essere umano ma che, piuttosto, consentono di risolvere problemi ai quali l’essere umano potrebbe non riuscire a fornire risposte tempestive e precise (dicasi, ad esempio, la ricerca di notizie fake per Facebook et similia).
Qualcosa con cui abbiamo tutt’oggi un rapporto diretto. La stessa Gmail si fa carico di identificare lo SPAM provvedendo ad una catalogazione accurata delle mail indesiderate, lo stesso dicasi per il servizio di traduzione Google Translate, ultimamente portatosi all’implementazione diretta di un algoritmo fornito da reti neurali (non ancora in Italia) che consente di tradurre ed interpretare il contesto in modi sin oggi inimmaginabili.
Ma, ad ogni modo, si va ben oltre queste iniziali considerazioni di applicabilità. Lo prova il nuovo RankBrain, una serie di algoritmi in grado di interpretare una richiesta utente direttamente dal suo linguaggio naturale per fornire, in output, un risultato pertinente. Una serie di azioni naturali per un essere umano, ma davvero incredibili se traslate su una logica programmata in grado di capire a priori un costrutto del tipo if-then-else senza l’intervento di un programmatore.
La stessa Facebook propone un algoritmo in grado di restituire in uscita un News Feed popolato di notizie che ricalcano il nostro interesse, secondo un software che analizza le nostre preferenze. Ed è proprio il social network a farsi carico del naturale sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, spiegando che ormai essa si renderà permanentemente attiva nel quotidiano, in modo particolare al’interno del contesto social per il perseguimento delle notizie bufala, le quali hanno avuto un significativo impatto a seguito delle ultime Presidenziali Americane.
La tecnologia IA preoccupa ma non dovrebbe, visto e considerato che al giorno d’oggi al utilizziamo inconsapevolmente in applicazioni come Spotify e Netflix, che dal canto loro propongono suggerimenti sui contenuti che potrebbero risultare di nostro interesse. La parola chiave è “inconsapevolmente”. A proposito di ciò, menti illustri si sono espressi a sfavore di questo ulteriore step evolutivo. Tra questi: Stephen Hawking, Elon Musk e Seve Wozniac, co-founder di Apple.
Intelligenza Artificiale: c’è davvero da preoccuparsi?
Di certo, secondo quanto riferito indirettamente da Stuart Russell, scienziato a capo del Center for Human-Compatible Artificial Intelligence, non c’è da aspettarsi il remake di Terminator 2: Le macchine Ribelli. In tal senso, è davvero improbabile pensare che le macchine possano rivoltarsi contro gli umani e gli ordini loro impartiti.
Non la pensa allo stesso modo Elon Musk, che in Lo and Behold – Internet: il futuro è oggi dimostra una forse celata tecnofobia, che viene a galla dall’affermazione che segue:
Se si creano delle macchine incredibilmente competenti nel raggiungere degli obiettivi, queste causeranno incidenti tentando di raggiungere questi obiettivi
In tal senso, istruire delle macchine potrebbe forse significare andare in contro a delle serie ripercussioni negative che, nell’ottica del fondatore di Tesla Motor (Elon Musk, appunto) potrebbe rispecchiarsi in episodi che ledano l’incolumità dell’uomo con riferimento, ad esempio, alla possibilità che il sistema IoT accolga una richiesta apparentemente lecita come il verde dei semafori in tutte le direzioni. In tal caso il pericolo è plateale.
Su tale linea di prevenzione ben si sta muovendo, invece, l’Intelligenza Artificiale Google che, attraverso la consociata DeepMind, ha messo a punto un sistema d’analisi in cui trova posto una descrizione esaustiva sul controllo dei robot intelligenti poco servili e molto “ribelli”.
La stessa Google sta espandendosi sul fronte dell’IA Digitale attraverso l’implementazione sempre più mirata di tecnologie intelligenti di Assistenza Virtuale sui propri device (Google Assistant su Pixel Phone) e le proprie applicazioni (Google Allo). Per non parlare di Google Home, un sistema intelligente fornito di uno speaker intelligente in grado di ottemperare le richieste dell’utente tramite ascolto ambientale in tempo reale.
In tal caso, davvero interessante è la possibilità fornita in merito alla comunicazione bidirezionale di grado informale (modello di linguaggio naturale). Il product-manager di Google Home, Gummi Hafsteinsson, ha spiegato che il sistema è perfettamente in grado di gestire un rapporto di tipo emozionale con l’utente, grazie ad un sistema software che coinvolge sistemi ad apprendimento automatico.
E che cosa dire, poi, dei sistemi a guida autonoma, sempre sviluppati da BigG nell’ottica delle cosiddetta Google Car, automobili intelligenti in grado di interagire con il mondo reale circostante e provvedendo, in totale autonomia. ad una guida sicura su strada che, inoltre, può contare su una memoria elettronica in grado di replicare appieno lo stile di guida dell’essere umano, con una percentuale di errore davvero infinitesimale.
E tu hai dei timori nei confronti delle nuove tecnologie per l’Intelligenza Digitale? Alla luce di quanto appreso, e basandoti sulla tua opinione personale, lasciaci pure una tua dichiarazione al riguardo. Un modo per integrare l’azione umana con la capacità di calcolo e di velocità si un sistema computerizzato, o un serio pericolo? A te la parola.
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