La tendenza a dormire spesso, soprattutto durante la giornata, potrebbe essere un segnale molto serio: una nuova ricerca suggerisce infatti che sonnellini frequenti possono essere campanelli d’allarme per il morbo di Alzheimer. Le aree del cervello che ci tengono svegli durante il giorno vengono infatti danneggiate già durante le prime fasi della malattia, motivo per cui le persone affette da Alzheimer tendono a dormire spesso molto prima del manifestarsi della malattia, hanno detto gli autori dello studio.
Le cellule cerebrali vengono danneggiate molto prima del manifestarsi del morbo di Alzheimer
Non solo: gli scienziati hanno anche scoperto che un danno alle regioni cerebrali coinvolte nella veglia durante il giorno è causato da una proteina chiamata “tau“. Questo fornisce ulteriori prove del fatto che la proteina tau sia in grado di svolgere un ruolo fondamentale nei pazienti affetti da Alzheimer rispetto alla proteina amiloide, più ampiamente studiata e considerata in questi casi clinici.
“Il nostro lavoro mostra prove concrete che le aree del cervello che gestiscono la fase di veglia degenerano a causa dell’accumulo di tau, non delle proteine amiloidi, fin dalle prime fasi della malattia“, ha detto l’autrice dello studio, la dottoressa Lea Grinberg, professore associato di neurologia e patologia presso il Memory and Aging Center e membro del Global Brain Health Institute dell’Università della California.
Il cervello infatti non riesce a compensare lo sforzo dovuto alla morte delle cellule cerebrali
Precedenti ricerche avevano suggerito che troppe ore di sonno fossero dovute al cattivo riposo, causato dai danni cerebrali correlati all’Alzheimer che interessano le regioni del cervello da cui dipende il sonno. In questo studio, i ricercatori hanno analizzato il cervello di 13 pazienti deceduti a causa dell’Alzheimer e altre sette persone sane: essi hanno concluso che la malattia attacca le regioni cerebrali responsabili della veglia durante il giorno e che queste regioni sono tra le prime danneggiate dalla malattia.
L’autore principale dello studio, il dottor Jun Oh, ha in proposito dichiarato: “Si tratta di una scoperta straordinaria perché non si tratta di un singolo nucleo cerebrale che sta degenerando, ma l’intera rete neurale da cui dipende la veglia. Fondamentalmente, questo significa che il cervello non ha modo di compensare lo sforzo cerebrale perché le cellule funzionalmente correlate vengono distrutte non appena la malattia inizia a decorrere“.