Le lontre marine sono l’unico mammifero noto per ricorrere a strumenti di pietra per rompere i gusci dei molluschi utilizzando piccole rocce a mò di martello mentre galleggiano sulle loro spalle e rocce più grandi da utilizzare come incudine, appoggiate sul ventre. Quando questi animali rompono rocce rinvenute lungo le coste, queste rilasciano cumuli di gusci abbandonati, lasciandosi alle spalle preziose tracce che aiutano a capire fin dove si estenda il loro habitat.
Tracce lasciate da uomini o dalle lontre?
Uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports ha combinato un decennio di osservazione delle lontre marine con metodi utilizzati in ambito archeologico per verificare l’uso che le lontre fanno delle cosiddette “pietre-incudine”. Si è scoperto che, prelevando un campione dalle pile di gusci lasciati dagli animali, c’era una particolare conformazione del danno che potrebbe essere attribuito alle lontre marine.
“I segni di rottura del guscio forniscono un nuovo modo per distinguere le cozze spezzate dalle lontre marine con l’ausilio di questi rudimentali incudini da quelle rotte dagli umani o da altri animali”, ha spiegato la dottoressa Natalie Uomini del Max Planck Institute. “Per gli archeologi che indagano sui costumi dei nostri antenati, è fondamentale poter distinguere le prove del consumo di cibo da parte delle lontre di mare da quello degli umani.”
Un importante contributo alla crescita del settore archeologico
Jessica Fujii del Monterey Bay Aquarium, ha dichiarato: “il nostro studio suggerisce che l’utilizzo di questi particolari incudini possa essere una traccia a dimostrazione del fatto che determinati luoghi fossero abitati da lontre, piuttosto che da umani: queste informazioni potrebbero infatti aiutare a documentare la presenza e la dieta della lontra di mare in luoghi in cui esse sono attualmente assenti.
“Più in generale, il recupero delle tracce comportamentali degli animali del passato ci aiuta a comprendere l’evoluzione dei comportamenti come l’uso dell’incudine di pietra, che è raro nel regno animale e ancor più raro negli animali marini. Speriamo che questo studio costituisca un ulteriore tassello per contribuire alla crescita del settore dell’archeologia animale“.