Uno studio su oltre 500 campioni di lievito madre provenienti da diverse parti del mondo, mostra come i diversi tipi di microbi che influenzano sia l’aroma, sia la velocità con cresce, siano indipendenti dalla posizione geografica in cui nascono.
Il primo studio sul lievito madre di tutto il mondo
La coautrice dello studio Erin McKenney, assistente professore di ecologia applicata presso la North Carolina State University, ha spiegato che in questo studio, unico nel suo genere, non sono stati presi in considerazione solo i tipi di batteri presenti nei vari lieviti, ma anche le loro interazioni e le loro attività biologiche.
Anche Benjamin Wolfe, professore associato di biologia alla Tufts University, e anch’egli coautore dello studio afferma inoltre che questo è il primo studio su larga scala che comprende una così ampia varietà di preparati provenienti da diverse zone del mondo. Lo studio si basa sui risultati ottenuti in altre piccole ricerche condotte sul lievito madre, ma nessuna di tale portata.
Per condurre questa ricerca infatti, il team ha raccolto circa 500 campioni di lievito madre, principalmente prodotti casalinghi, provenienti per la maggior parte da Stati Uniti ed Europa, ma sono presenti anche campioni che arrivano da Australia, Nuova Zelanda e Thailandia.
L’analisi delle caratteristiche dei microbi mostra che la geografia non influenza la crescita microbica
Per tutti e 500 i campioni è stato eseguito il sequenziamento del DNA della popolazione microbica. Dopo l’analisi genetica, sono stati selezionati circa 40 campioni, considerati rappresentativi della varietà osservata nell’intero campione. Il pool di 40 lieviti madre selezionati, è stato poi coltivato e cresciuto per poi procedere con tre diversi tipi di test su ogni campione.
Di ogni lievito madre è stato analizzato in primo luogo la componente organolettica, ovvero il loro aroma specifico. Dopodiché si è proceduto alla vera e propria analisi chimica dei composti organici volatili, prodotti da ogni campione. Con questo test i ricercatori hanno dunque determinato la struttura e la quantità dei composti organici volatili prodotti dai diversi lieviti.
Come ultimo aspetto, i ricercatori hanno misurato la velocità con cui il lievito madre è cresciuto, aumentando di volume. Queste ricerche hanno mostrato dei risultati davvero sorprendenti che di fatto smontano le credenze popolari riguardo il legame tra posizione geografica e caratteristiche del lievito.
Come spiega infatti Elizabeth Landis, co-autrice dello studio e dottoranda presso Tufts, sembra che la geografia non abbia molta importanza nella crescita e nello sviluppo del lievito madre. La “mappa di come appare la diversità microbica dei lieviti madre a questa scala, che abbraccia più continenti, mostra che il luogo in cui vive il panettiere non era un fattore importante nella microbiologia degli starter a lievitazione naturale”.
Nello studio non sono dunque state trovate delle variabili del lievito madre che siano influenzate dal luogo dove sono stati creati. Mentre come spiega Angela Oliverio, co-autrice dello studio ed ex studentessa di dottorato presso l’Università del Colorado, sembra che ci siano “molte variabili che hanno piccoli effetti e che, se sommati, potrebbero fare una grande differenza. Stiamo parlando di aspetti come quanti l’età del lievito madre, quanto spesso viene alimentato, dove le persone lo conservano nelle loro case e così via.”
Lo studio sul microbioma del lievito madre rivela interessanti aspetti
Un altro aspetto emerso nella ricerca, che ha molto sorpreso gli scienziati è la grande percentuale di lievito madre che presentava anche batteri dell’acido acetico, oltre che quelli dell’acido lattico. Si aspettavano certo una presenza di questi batteri, ma non in numeri così alti come è emerso dalla ricerca.
Secondo il team dunque, anche i batteri dell’acido acetico, potrebbero svolgere un ruolo importante nel plasmare sia l’aroma del lievito madre sia la velocità con cui cresce. In particolare, la presenza di batteri dell’acido acetico rallenta la crescita del lievito madre e il suo aroma. Dallo studio è emerso anche che circa il 30% dei lieviti madre casalinghi, non contiene lievito di birra, ovvero il tipo di lievito generalmente associato con la panificazione.
Secondo i ricercatori coinvolti nello studio, questa ricerca potrebbe rappresentare un primo passo per lo studio delle interazioni microbiche. Come ha affermato Wolfe, “studiando le interazioni tra i microbi nel microbioma a lievitazione naturale che portano alla cooperazione e alla competizione, possiamo comprendere meglio le interazioni che si verificano tra i microbi più in generale e in ecosistemi più complessi”.
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