L’orologio epigenetico del corpo, che misura l’età biologica di una persona, potrebbe essere suscettibile di manipolazione farmaceutica da parte dei genetisti. Gli sforzi per estendere la durata della vita umana, o in casi più eccentrici, per raggiungere l’immortalità, sono stati recentemente svecchiati da un piccolo studio clinico.
Nello studio, pubblicato il 5 settembre 2019 sulla rivista Aging Cell, nove volontari maschi sani (di età compresa tra 51 e 65 anni) hanno ricevuto, per un anno, dosi accuratamente calibrate di ormone della crescita e due comuni farmaci per il diabete. Alla fine dell’operazione, si è scoperto che i soggetti avevano perso 2,5 anni dal loro orologio epigenetico, ottenendo notevoli miglioramenti nella funzione immunitaria. Un risultato che ha sorpreso anche gli autori dello studio stesso.
“Mi aspettavo di vedere un rallentamento del tempo, ma non un’inversione”, ha detto il genetista Steve Horvath dell’Università della California, che ha eseguito l’analisi genetica. Un motivo per cui i risultati dello studio sono stati sorprendenti è che era stato pensato per vedere se l’ormone della crescita potesse essere somministrato nell’uomo. Infatti, si era cercato principalmente di ripristinare il tessuto della ghiandola del timo, essenziale per la produzione di cellule immunitarie, che viene soppressa dopo la pubertà.
Poiché l’ormone della crescita è noto non solo per stimolare la rigenerazione del timo, ma anche per promuovere lo sviluppo del diabete, ai soggetti in esame sono stati somministrati anche comuni farmaci per il diabete, come il deidroepoandrosterone e metformina. Un’analisi dei campioni di sangue raccolti durante e dopo lo studio, così come le immagini di risonanze magnetiche, hanno mostrato un aumento della conta delle cellule del sangue e un ringiovanimento del tessuto del timo in tutti e nove i partecipanti.
Dopo la conclusione della sperimentazione, Horvath è stato contattato dal genetista Gregory Fahy per esaminare gli orologi epigenetici dei soggetti. Fahy ha riscontrato effetti positivi mantenuti anche dopo il follow up di sei mesi. Poiché la sperimentazione preliminare è stata di pochi individui, Intervens Immune ha già intenzione di condurre uno studio più ampio composto da persone di diverse etnie, generi e fasce di età.
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