La misteriosa Pietra di re Artù: si indaga sui monumenti preistorici

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Ci sono molte leggende attorno alla grande struttura in pietra nell’Herefordshire, in Inghilterra, vicino al confine con il Galles. Questo monumento in pietra, soprannominato La Pietra di Re Artù, si dice infatti che sia a testimonianza del luogo in cui Re Artù abbia ucciso un gigante, oppure che il leggendario re vi si sia inginocchiato in preghiera e che le impronte delle sue ginocchia sono incise per sempre nella pietra.

 

La Pietra di Re Artù è in realtà un monumento complesso

Ma la realtà è che non conosciamo il vero significato di questo monumento di più di 5000 anni fa, una tomba a camera risalente al neolitico che cela i suoi misteri. Per tentare di svelare i segreti dell’antico monumento, un team di archeologi, guidati da Julian Thomas, professore di archeologia all’Università di Manchester, iniziato a scavare nel sito il 1° luglio e gli scavi proseguiranno almeno per tutto il mese.

Dopo una prima analisi dell’area e dei siti archeologici presenti, Thomas ed i suoi colleghi si sono resi conto che la zona archeologica della Pietra di Re Artù nasconde molto di più di quanto si pensasse e che nell’area sono presenti diversi siti, probabilmente collegati. I ricercatori hanno infatti affermato di aver scoperto “che c’erano tracce più ampie del monumento”.

Oltre alla Pietra di Re Artù sembra che vi sia infatti un piccolo tumulo di erba bassa con una palizzata di legno intorno” così come tracce di un “viale di travi verticali in una serie di buche”, che potrebbero indicare la presenza di un sentiero cerimoniale che conduce al monumento.

 

Una tomba neolitica di dimensioni imponenti

La Pietra di Artù fu costruita intorno al 3.700 a.C., all’inizio del periodo neolitico, e ha notevolmente contribuito alla narrazione e ai racconti tramandati di generazione in generazione, secondo quanto riportato da Thomas.

Il neolitico è stato in questi luoghi un periodo “di grandi cambiamenti, in cui le piante e gli animali domestici sono stati introdotti per la prima volta. Abbiamo tutta una serie di questi vari tipi di tombe megalitiche e lunghi tumuli, che sono i monumenti funerari di questo periodo”.

Thomas ritiene infatti che quella nota come la Pietra di Re Artù sia in realtà la camera funeraria di una sepoltura, una grande pietra di copertura che pesa circa 25 tonnellate e misura circa 9 metri di lunghezza e 2 metri di larghezza. La cuspide è sorretta da una serie di pietre verticali, e secondo Thomas questa sarebbe solo una parte del monumento. La struttura nel suo insieme potrebbe far parte di un tumulo lungo almeno 30 metri, e forse anche di più.

Secondo quanto affermato da Thomas infatti la tanto famosa camera funeraria sarebbe parte di una sepoltura molto più grande che è probabile che contenesse anche altre camere. Su questo ultimo aspetto i ricercatori stanno ancora indagando.

Il monumento nella sua interezza potrebbe dunque essere una grande tomba di forma allungata, probabilmente di forma ovale o addirittura trapezoidale, più largo ad un’estremità rispetto all’altra.

Come racconta Thomas, scavando “un po’ più a fondo su ciò che circondava la Pietra di Re Artù. abbiamo trovato pietre moderne e, rimuovendole, siamo stati in grado di osservare che il terreno sottostante era ricoperto di quarzo. Potrebbe quindi esserci un tumulo sotto la pietra neolitica.

 

Uno sforzo congiunto per la storia inglese

Lo scavo, che è codiretto dall’archeologo Keith Ray dell’Università di Cardiff, ed è realizzato in collaborazione con l’Università di Manchester, l’ente governativo Historic England e l’English Heritage, un ente di beneficenza che gestisce monumenti storici.

Ph. Credit: UKgeofan at English Wikipedia

Valeria Magliani
Valeria Magliani
Instancabile giramondo, appassionata di viaggi, di scoperte e di scienza, ho iniziato l'attività di web-writer perché desideravo essere parte di quel meccanismo che diffonde curiosità e conoscenza. Dobbiamo conoscere, sapere, scoprire e viaggiare, il più possibile. Avremo così una vita migliore, in un mondo migliore.

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