Anche se potrebbe sembrare solamente terrorismo psicologico quello dell’aumento della temperature degli oceani del nostro pianeta è un problema attuale e pericoloso. Le previsioni sono alquanto pessimistiche, ma gli effetti già li stiamo subendo e uno degli esempi che si possono portare in merito è il numero di pesci pescati. Il numero del pescato è sceso mediamente del 5% a livello globale con un picco che ha raggiunto il 35% nel Mar Cinese orientale e il Mare del Nord. A livello di singole specie quelle che stanno di più segnando un declino in fatto di numeri è il merluzzo bianco, l’aringa e alcuni molluschi.
Ovviamente la colpa non è solo da attribuire alle temperature visto che da anni si parla di un eccessivo sfruttamento dei mari per la pesca, ma lo studio che ha portato questi ha preso in considerazione tutto quello che doveva. In ogni caso, si tratta di un problema ambientale, sociale ed economico, giusto per sottolineare come tutto sia collegato e che è un fenomeno che non si può ignorare.
Dal 1930 ad oggi
Lo studio, pubblicato su Science, ha analizzato alcuni dati relativi alla pesca che risalgono ad 88 anni fa. Un analisi comparata con la situazione attuale ha dimostrato come i cambiamenti in atto sono vari e diversi a seconda della parte di globo che si va a guardare. Ci sono anche delle eccezioni e un esempio è quello dei branzini neri del medio Atlantico i quali hanno prosperato ai danni di altre specie.
Considerando le previsioni che ci sono in merito alle temperature degli oceani, il peggio dovrà ancora arrivare quindi una risposta da parte dei governi sarà necessaria. I problemi sociali ed economici fanno riferimento al fatto che oltre ad essere un industria enorme quella ittica a livello globale, ci sono interi paesi che si basano proprio su quest’ultima.