L’Oceano Artico senza ghiaccio: un possibile scenario a partire dal 2044

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Difficile immaginare l’Artico e il suo oceano senza ghiaccio, eppure è diventato sempre più una possibilità neanche troppo remota o in là con il tempo. Il Polo Nord non è come l’Antartide quindi niente ghiaccio vuol dire niente terraferma. Questo è il panorama che ci aspetta, almeno per buona parte di quel territorio. A dirlo è un nuovo studio condotto dagli scienziati del clima dell’UCLA. Secondo quest’ultimi, a partire dal 2044 ed entro il 2067, per buona parte di quel mare d’acqua salta non ci sarà più una copertura ghiacciata.

Il ghiaccio del Polo Nord è più sensibile ai cambi di temperatura. Durante l’estate si riduce mentre durante l’inverno aumenta. Dal 1979, le osservazioni satellitari hanno mostrato un declino sempre maggior, ovvero il ricambio non è abbastanza per sostituire quello perso. In un decennio la copertura massima è diminuita del 13%. Ovviamente, a questo punto della situazione, in molto hanno provato a capire quanto tutto il ghiaccio finirà e i risultati sono parecchio contrastanti.

 

L’Artico e il suo ghiaccio

Gli studi più pessimisti parlano di una perdita totale già nel 2026, quelli più ottimisti la prevedono per il 2132. Lo studio dell’UCLA è una sorta di via di mezzo. Già a partire dal 2044, una buona parte dell’oceano potrebbe perdere la propria copertura e sicuramente succederà prima del 2067.

Gli autori dello studio hanno anche spiegato perché le previsioni sono così ampie a livello di possibilità Il problema è un dato chiamato feedback dell’albedo del ghiaccio marino. Fa riferimento a quando una singola macchia di ghiaccio si scioglie completamente lasciando scoperta l’acqua che è di fatto più scura e attira più luce e calore.

La dichiarazione di Chad Tackeray, assistente ricercatore presso il Centro per le scienze climatiche: “Il ghiaccio marino artico è un componente chiave del sistema terrestre a causa della sua natura altamente riflettente, che mantiene il clima globale relativamente fresco. I cambiamenti a venire avranno ampie implicazioni ambientali, ecologiche ed economiche. Riducendo l’incertezza quando vedremo quei cambiamenti, possiamo essere meglio preparati”.

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