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Pac-Man spegne 40 candeline, celebriamo l’icona pop con la sua storia

Era il 22 maggio 1980, quando Toru Iwatani, all’epoca game designer della Namco, ideò il personaggio dei videogiochi più popolare di tutti i tempi: Pac-Man. Una pizza senza una fetta, questa fu l’immagine da cui nacque pochi mesi dopo quello che oggi possiamo definire il simbolo dei videogames. Sono passati 40 anni da quella pizza con gli amici, vogliamo quindi festeggiare questo importante traguardo ripercorrendo la storia del tondeggiante eroe in giallo.

Pac-Man inizialmente fu commercializzato in Giappone con il nome di Pakku-man, che deriva dalla parola “paku-paku”. Questa parola in realtà non ha una traduzione letterale, ma nel Sol Levante ricorda il rumore di una bocca che si apre e si chiude continuamente. Il suono, divenuto poi iconico, è stato associato al movimento del personaggio sullo schermo all’interno del gioco. Quando Pakku-man arrivò negli Stati Uniti il suo nome mutò in Puck Man. Per una spiacevole assonanza con una parolaccia inglese (inizia con la F), si optò infine per Pac-Man onde evitare volgarità.

Negli Stati Uniti, solo un anno dopo la sua uscita, su un totale di 100.000 cabinati venivano giocate approssimativamente 250.000 partite a settimana. Questo significa che i giocatori avevano speso oltre un miliardo di dollari in monetine da un quarto di dollaro.

 

Pac-Man, da ambasciatore della non violenza ad eroe delle donne

Il concetto dietro l’idea di Pac-Man è molto interessante. Le sala giochi nipponiche dell’epoca erano popolate per lo più da giochi con temi violenti come Asteroids, Space Invaders o Galaxian, dove il giocatore era intento a sparare e colpire degli obiettivi. Iwatani pensò allora ad una sorta di antidoto per tutta quella violenza e creò il gameplay unico che ancora oggi caratterizza Pac-Man. Niente più guerrieri o astronavi, ma semplicemente un cerchio giallo intento ad ingurgitare pillole, frutta e biscotti lungo il suo cammino.

Ma a Iwatani questo non bastò, e guardando al panorama videoludico di quegli anni notò che fin troppi giochi erano rivolti unicamente ad un pubblico maschile. Le donne avevano ben poco a cui giocare, per questo il game designer di Namco con Midway creò nel 1982 Ms. Pac-Man. Per molti “la moglie” di Pac-Man, rossetto, un neo e un fiocco rosso in testa trasformarono dunque l’iconico personaggio in un suo “clone” al femminile. Ben presto però da semplice clone, Ms. Pac-Man fu uno degli arcade più giocati di sempre con ben 115.000 cabinati distribuiti negli Stati Uniti.

La febbre del mangiatore di fantasmi

Lo stesso anno – 1982 – la Pac-Man mania sfociò oltre ai confini del videogioco con il singolo musicale “Pac-Man Fever”. Realizzato dal duo Buckner e Garcia, il disco celebrava per l’appunto la “febbre” che scatenò il gioco in quel periodo. Il brano fu un tale successo da raggiungere la nona posizione nella Billboard Hot 100 degli Stati Uniti con 1,2 milioni di copie vendute alla fine dell’anno. Un altro esempio musicale legato al videogioco fu “Power Pill” di Aphex Twin, un popolare brano techno rave di quel periodo. Il titolo faceva riferimento alle pillole che Pac-Man ingurgitava rimandando ad un ipotetico rapporto del personaggio con la droga.

Il Guinness dei primati ha riconosciuto Pac-Man come l’arcade più diffuso di sempre con un totale di 293.822 cabinati installati dal 1981 al 1987. Nel 2010 Pac-Man è stato incoronato come il personaggio dei videogiochi più popolare al mondo. Pensate che il 94% degli americani lo riconosce al primo sguardo, ancor prima del leggendario Super Mario che deve accontentarsi di un 93%. Ad oggi la creatura di Iwatani ha sfornato un indotto di 7,16 miliardi di dollari toccando ogni piattaforma uscita sul mercato, con iterazioni anche su iOS, Android e le console più recenti. A distanza di 40 anni Pac-Man è ancora vivo e vegeto e probabilmente non morirà mai.

Marco Inchingoli

Nato a Roma nel 1989, Marco Inchingoli ha sempre nutrito una forte passione per la scrittura. Da racconti fantasiosi su quaderni stropicciati ad articoli su riviste cartacee spinge Marco a perseguire un percorso da giornalista. Dai videogiochi - sua grande passione - al cinema, gli argomenti sono molteplici, fino all'arrivo su FocusTech dove ora scrive un po' di tutto.

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