Negli ultimi due decenni Kepler, il telescopio spaziale della NASA ormai fuori uso, ha individuato più di 2700 esopianeti, e molti altri candidati pianeti ancora da confermare. Tra questi mondi alieni vi sono pianeti di diverse forme e caratteristica, tra cui super-Terre e pianeti subnettuniani.
Le super-Terre sono pianeti rocciosi che hanno una massa fino al doppio di quella del nostro pianeta, mentre i subnettuniani, pianeti con una alta percentuale di acqua liquida o ghiacciata, possono essere grandi fino a quattro volte la Terra. Secondo un recente studio gli acquatici pianeti di dimensioni simili a quelle di Nettuno, conterrebbero una quantità di acqua di migliaia di volte maggiore rispetto a quella che si trova sulla Terra e sarebbero anche molto più comuni dei pianeti rocciosi come il nostro, nella nostra galassia.
Non abbiamo ancora certezze su come sia avvenuta la formazione dei pianeti subnettuniani ed i ricercatori sono ancora a lavoro per cercare di comprendere come essa sia avvenuta. Di grande aiuto potrebbe essere l’individuazione della composizione chimica di questo tipo di esopianeti. Fino ad ora si è ipotizzato che possano essere dei piccoli pianeti gassosi con un nucleo roccioso, circondati da enormi masse di idrogeno ed elio. Altra ipotesi e la loro composizione acquosa, con enormi masse di acqua ghiacciata e liquida, che ricopre il nucleo di gas e roccia.
Per cercare di risolvere il mistero della composizione dei pianeti subnettuniani, i ricercatori hanno eseguito delle simulazioni al computer sulla loro probabile crescita ed evoluzione, cercando di individuare il modello che maggiormente si adatta all’attuale massa e diametro, osservati per questi esopianeti. Se si conosce la massa ed il diametro di un pianeta, si può infatti risalire alla sua densità media e, tramite l’utilizzo delle simulazioni computerizzate, si può identificare se tale densità sia compatibile con una composizione rocciosa, gassosa o acquatica.
Stando alle recenti analisi dei modelli proposti, sembrerebbe dunque più probabile che i pianeti subnettuniani siano prevalentemente formati da acqua, con una percentuale di composizione che va dal 25 al 50% di acqua liquida o ghiacciata.
Come ha dichiarato a Space.com, l’autore dello studio, lo scienziato planetario della Harvard University di Cambridge, Li Zeng, “lo studio suggerisce che esistano almeno 1000 pianeti composti d’acqua, solo tra i pianeti confermati e candidati di Keplero. Statisticamente parlando, questi pianeti possono quindi essere più abbondanti dei pianeti rocciosi simili alla Terra. Forse ogni stella come il nostro Sole, presenta uno o più di questi mondi acquatici nel suo sistema planetario”.
Studiando i dati ottenuti da Keplero, i ricercatori hanno individuato quattro tipologie principali di pianeti che orbitano attorno a stelle paragonabili al nostro Sole. Si tratta di pianeti rocciosi con un diametro fino a due volte quello della Terra; pianeti composti da almeno il 25% di acqua con dimensioni subnettuniane (fino a quattro volte la Terra); pianeti di transizione con diametro da 4 a 10 volte quello del Nostro Pianeta; giganti gassosi con 10 volte il diametro della Terra, costituiti prevalentemente da elio ed idrogeno allo stato gassoso.
Molto sono ancora le domande a cui i ricercatori devono trovare una risposta. I dati registrati da Keplero pongono infatti ancora molte domande. Ad esempio i ricercatori non riescono a spiegare il motivo per cui manchino, nei sistemi planetari di stelle simili al Sole, dei pianeti di dimensioni intermedie tra la Terra ed i subnettuniani e perché la maggior parte dei pianeti in questi sistemi, siano più vicini alle loro stelle di quanto non lo siano i pianeti del Sistema Solare.
Ogni scoperta ci pone quindi di fronte a nuove domande, nuovi enigmi e nuove sfide. Dare una risposta a questi quesiti potrebbe essere la chiave per capire come si sia formato il Sistema Solare che, secondo quanto afferma Zang, potrebbe essere un sistema atipico e non comune nell’Universo. “Le super-Terre rocciose e i pianeti subnettuniani ricchi di acqua potrebbero essere più comuni del nostro stesso Sistema Solare nella Via Lattea”.
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