La plastica negli oceani è un problema che va avanti da decine di anni e non sembra per niente migliorare. Si tratta di una fonte di inquinamento spaventosa che mette a serio rischio la vita della fauna marina e conseguentemente anche di quella che si nutre di quest’ultima come possono essere alcuni volatili e alcuni animali terrestri. Ormai non fa quasi più scalpore nel sentire che all’interno di pesci o cetacei sono stati trovati residui di questo inquinamento.
Un nuovo studio conclusosi recentemente ha preso in esame un altro aspetto di questo fenomeno ovvero di come le sostanze inquinanti presenti nei rifiuti di plastica incidano sulla riproduzione dei grandi cetacei come balene e orche. Queste sostanze sono note come endocrine-disrupting chemicals o EDCs.
Problemi alla fertilità
Un caso seguito a lungo dai ricercatori dietro questo studio è quello di un’orca chiamata Lulu. Nel tessuto adiposo dell’esemplare sono stati trovati livelli pericolosi di policlorobifenili, una sostanza bandita a livello globale nel 2004, pari a 975 mg / Kg; si tratta di un valore che supera di 100 volte quello della tossicità. Il risultato è che quest’orca risulta essere infertile e molto altre versano in questo stato ed entro un secolo la popolazione di questi esserei si dimezzerà secondo una previsione.
Per sottolineare quanto queste sostanze risultino incisive sulla riproduzione, un gruppo di orche, un pod, che vive nelle acque al largo della Scozia occidentale non è stato in grado di produrre vitello negli ultimi 25 anni. Anche se questo particolare policrobifenile è stato vietato, la plastica buttata negli oceani è anche ora in circolazione e comunque ci sono molte altre sostanze chimiche i cui effetti sono sconosciuti su questo genere di animali.