Gli organismi più resistenti sulla Terra, chiamati estremofili, possono sopravvivere a condizioni estreme come secchezza estrema (essiccazione), freddo estremo, vuoto spaziale, acido o persino radiazioni di alto livello. Finora, il più duro di tutti sembra essere il batterio Deinococcus radiodurans, in grado di sopravvivere a dosi di radiazioni mille volte maggiori di quelle mortali per l’uomo. Ma fino ad oggi, gli scienziati sono rimasti perplessi su come la radio-resistenza possa essersi evoluta in diversi organismi sul nostro pianeta, naturalmente protetti dalla radiazione solare dal suo campo magnetico.
Per cercare di chiarire questa perplessità, il team del dottor Cox, dell’Università del Wisconsin-Madison, ha deciso che “siano le cellule a colmare il dubbio”. I ricercatori hanno iniziato con i batteri naturalmente non resistenti, E. coli, e lo hanno esposto a cicli iterativi di irradiazione ad alto livello. Dopo molti cicli di esposizione alle radiazioni e crescita, sono emerse alcune popolazioni radio-resistenti. Utilizzando il sequenziamento dell’intero genoma, i ricercatori hanno studiato le alterazioni genetiche presenti in ciascuna popolazione radio-resistente e determinato quale mutazione forniva radio-resistenza ai batteri.
Nel loro primo studio, il team del dottor Cox ha iniziato esponendo E. coli a 50 cicli di ionizzazione. Dopo circa 10 round, sono emerse alcune popolazioni radio-resistenti e dopo 50, lo studio del loro profilo genetico ha evidenziato tre mutazioni responsabili della radio-resistenza, tutte in geni legati ai meccanismi di riparazione del DNA. Qui, nel loro nuovo studio, il team ha esposto i batteri ad altri 50 cicli di esposizione e selezione alle radiazioni.
I risultati pubblicati su Frontiers in Microbiology mostrano che le popolazioni di E. coli radioresistente hanno continuato ad evolversi e sono emerse sottopopolazioni. Sorprendentemente, mentre la radio-resistenza indotta dalla prima serie di ionizzazione potrebbe essere principalmente associata a tre mutazioni, la seconda ha indotto centinaia di mutazioni tra cui ampie delezioni e duplicazioni di diversi geni. “Le quattro popolazioni che stiamo evolvendo in questo nuovo studio hanno ora raggiunto livelli di radio-resistenza che si stanno avvicinando ai livelli visti con Deinococcus radiodurans. Con il progredire dell’attuale sperimentazione, le alterazioni genomiche si sono dimostrate molto più complesse del previsto”. Ha riferito il dottor Cox.
Sebbene sia difficile individuare tutte le mutazioni che contribuiscono all’aumento della radio-resistenza, i ricercatori hanno individuato dei metabolismi cellulari interessati (sintesi di ATP, biogenesi del cluster ferro-zolfo, sintesi di cadaverina e risposta delle specie reattive dell’ossigeno). Inoltre, questo studio dimostra che la radio-resistenza può svilupparsi al livello di Deinococcus radiodurans, indipendentemente dalla resistenza all’essiccamento.
Man mano che l’esposizione alle radiazioni e l’evoluzione sperimentale continuano, vengono raccolti più dati su come indurre la radio-resistenza nei batteri. Questo potrebbe un giorno portare all’induzione di mutazioni per progettare probiotici radioresistenti aiutando ad esempio i pazienti trattati con radioterapia, o gli astronauti esposti alle radiazioni spaziali.
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