L’immortalità, l’eterna giovinezza è un concetto a cui atavicamente aspiriamo da tempo immemore, tuttavia per nostra stessa natura è qualcosa che ci sfugge e che non possiamo ottenere (non ancora per lo meno). Quasi ironicamente però ad aver resistito all’inesorabile forza del tempo, sono state ritrovate un paio di ali perfettamente conservate dentro l’ambra risalenti al periodo preistorico.
Ali preistoriche: 100 milioni di anni portati meravigliosamente
Riguardo queste ali, in uno studio portato avanti da Nature Communications e pubblicato questa settimana, viene affermato come il piumaggio degli uccelli non sia cambiato poi molto con il passare dei secoli, come testimoniato dalla struttura, dal colore e dalla disposizione delle piume. La specie di appartenenza dovrebbe essere di una specie Avialans denominata Enantiornithes vissuta sulle Terra oltre 100 milioni di anni fa.
Il minerale di ambra che ha permesso la sopravvivenza per tutto questo tempo delle ali è stato ritrovato nella parte nord del Myanmar. Questa scoperta ha dell’epocale in quanto (grazie ai Raggi X) è stato possibile vedere che si siano conservati parti di muscoli e pelle oltre al piumaggio e ciò apre una serie infinita di possibilità e di studi che potrebbero in futuro dirci molto sull’età preistorica e si dinosauri… benvenuti insomma in Jurassic Park. E’ stato inoltre visto che i colori delle ali sembrano andare dalle sfumature di marrone, all’argento per finire con il bianco. Il più piccolo dei reperti è stato rinominato “Angel“, in memoria del fatto che avrebbe dovuto far parte di una collezione di gioielli chiamata “Angel’s Wings“, prima che questa venisse notata e sottoposta agli studi di cui sopra. L’ambra birmana è famosa per essere fonte di particelle e ritrovamenti mummificati al suo interno e, secondo David Grimaldi dell‘American Museum of Natural History, rappresenta circa il 30% della “biodiversità fenomenale”.
Il più grande problema quando abbiamo a che fare con frammenti di piume cristallizzati nell’ambra si ottengono sempre frammenti davvero piccoli e quindi studiarli è problematico, ma stavolta è qualcosa di diverso. E’ fantastico e lavorarci su è un sogno.
Con queste parole Ryan McKellar, co-autore dello studio, ha parlato ai microfoni di National Geographic riferendosi all’enorme fortuna stavolta di avere incastonati anche frammenti di ossa e muscoli di queste ali.
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Voi cosa ne pensate? Cosa vi aspettereste dalla ricerca che verrà fatta su questo reperto? Credete che questo possa essere il primo passo verso ciò che Steven Spielberg si era immaginato nel suo Jurassic Park? Insomma fateci sapere la vostra opinione con un commento qui sotto alla news.