Foto di Nicole Köhler da Pixabay
Può sembrare l’inizio di un romanzo di fantascienza, ma è pura biologia: una proteina presente nel nostro organismo può viaggiare nel sangue e “contagiare” il resto del corpo con i segni dell’invecchiamento. Si chiama ReHMGB1 (acronimo per “redox-modified High Mobility Group Box 1”), ed è stata recentemente identificata dai ricercatori come uno dei principali attivatori dell’invecchiamento sistemico.
Una scoperta che potrebbe riscrivere il modo in cui intendiamo l’età biologica e offrire nuove strade per prevenirne gli effetti più dannosi.
HMGB1 è una proteina già nota alla scienza: normalmente aiuta a regolare il DNA e a riparare i danni cellulari. Tuttavia, quando questa proteina subisce una modifica chimica dovuta allo stress ossidativo, diventa ReHMGB1 — una versione alterata che agisce come una vera e propria spia dell’invecchiamento.
Secondo gli scienziati, ReHMGB1 non resta confinata nei tessuti danneggiati, ma entra nel flusso sanguigno e raggiunge altri organi, innescando infiammazione cronica, decadimento cellulare e perdita di funzionalità.
La grande novità sta proprio nella capacità della proteina di diffondersi. In modelli animali, i ricercatori hanno osservato che l’introduzione di ReHMGB1 in un solo tessuto può provocare effetti di invecchiamento in tutto il corpo. Questo effetto “a cascata” è simile a ciò che accade con alcune malattie degenerative, ma esteso a livello sistemico.
È una conferma scientifica del concetto di “inflammaging”, ovvero l’invecchiamento legato a uno stato di infiammazione cronica e silenziosa.
Lo studio ha implicazioni enormi. Se sarà possibile bloccare l’azione di ReHMGB1, potremmo riuscire a rallentare — o perfino invertire parzialmente — alcuni processi legati all’età.
Si stanno già studiando molecole capaci di neutralizzare questa proteina o di impedirne la diffusione attraverso il sangue.
Potrebbe trattarsi di una svolta per patologie legate all’invecchiamento come:
Il messaggio è chiaro: l’età non è solo una questione di anni, ma anche di molecole.
ReHMGB1 potrebbe diventare un nuovo biomarcatore dell’età biologica, utile per monitorare lo stato infiammatorio dell’organismo e intervenire in anticipo.
Una proteina, dunque, che non segna solo il declino, ma accende una speranza scientifica concreta: quella di un futuro in cui l’invecchiamento potrà essere rallentato, prevenuto, forse persino modulato.
Foto di Nicole Köhler da Pixabay
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