Nel 2024 abbiamo ufficialmente superato gli 8 miliardi di persone, secondo le stime delle Nazioni Unite. Oggi si parla di 8,2 miliardi, con una crescita prevista almeno fino al 2080. Ma se queste stime fossero sbagliate? E se sulla Terra ci fossero miliardi di persone in più rispetto a quanto indicano i dati ufficiali?
Un recente studio dell’Università di Aalto, pubblicato su Nature Communications, lancia un allarme: la popolazione rurale globale potrebbe essere sistematicamente sottostimata.
Una falla nei dati: la popolazione invisibile
Lo studio, condotto dal ricercatore Josias Láng-Ritter, ha confrontato cinque dei più importanti set di dati demografici mondiali (WorldPop, GWP, GRUMP, LandScan e GHS-POP) con informazioni provenienti da oltre 300 progetti di reinsediamento rurale in 35 Paesi.
Questi progetti, spesso legati alla costruzione di dighe, richiedono per legge censimenti dettagliati per calcolare gli indennizzi alle famiglie sfollate. Si tratta quindi di dati di alta precisione, che hanno rivelato una realtà inquietante: le stime globali potrebbero sottovalutare la popolazione rurale dal 53% all’84%.
Perché le stime sono così lontane dalla realtà?
Le aree rurali, spesso difficili da raggiungere e mappare, vengono penalizzate nei censimenti ufficiali. Le immagini satellitari, se non associate a dati locali dettagliati, possono trascurare case isolate, villaggi piccoli o temporanei, comunità nomadi o insediamenti informali.
Nei Paesi con forti differenze territoriali — come Cina, Brasile, Australia, Polonia e Colombia — il divario tra dati ufficiali e popolazione reale è ancora più marcato.
Conseguenze concrete: strade, ospedali, farmaci
Secondo lo studio, circa il 43% della popolazione mondiale vive in aree rurali. Ma se questa percentuale è sottostimata, milioni di persone non vengono considerate nei piani nazionali e internazionali. Questo ha un impatto diretto su:
- pianificazione sanitaria (ospedali, farmaci, vaccinazioni),
- infrastrutture (strade, trasporti, energia),
- emergenze (risposta a disastri naturali),
- istruzione e risorse scolastiche.
In pratica, intere comunità potrebbero risultare “invisibili” agli occhi di chi prende decisioni.
Il problema non è nuovo — e non è risolto
I dataset demografici degli anni 2010 sono risultati più accurati rispetto a quelli precedenti, ma comunque inadeguati. Le mappe più recenti, datate 2015 e 2020, non risolvono il problema. Secondo i ricercatori, i limiti metodologici restano: anche piccoli miglioramenti nei dati di input non possono correggere una distorsione strutturale.
Láng-Ritter afferma chiaramente: “Con le stesse pratiche di base, è improbabile ottenere una rappresentazione realistica della popolazione globale”.
Non è solo una questione di numeri
Come sottolinea Jonathan Kennedy della Queen Mary University, la sovrappopolazione è spesso vista come una questione aritmetica. Ma in realtà è una questione di rappresentazione, accesso e giustizia. Se non conosciamo dove vivono davvero le persone, non possiamo garantire loro diritti, servizi e protezione.
Per una geografia umana più equa
Questo studio solleva interrogativi fondamentali sul modo in cui misuriamo e rappresentiamo l’umanità. Serve un ripensamento radicale delle politiche di raccolta dati, soprattutto per le aree rurali e periferiche del pianeta.
Siamo davvero 8 miliardi? Forse sì, forse no. Ma la vera domanda è: quanti di noi sono visti, contati e serviti?