Dopo la recente adesione al gruppo Special Interest Bluetooth (SIG), un’organizzazione di settore che sovrintende le licenze delle tecnologie Bluetooth e i marchi dei produttori, si rafforza l’idea che Snapchat starebbe lavorando allo sviluppo di un dispositivo a realtà aumenta.
Snapchat ha preso parte al SIG con il ruolo di “adopter”, cioè una categoria in forma gratuita che permetterebbe all’azienda di creare il proprio device Bluetooth a realtà aumentata o collaborare con altri produttori di dispositivi di questo tipo. In generale, secondo quanto dichiarato dal Financial Times, la maggior parte delle aziende che si iscrivono al SIG lo fanno con l’intenzione di lanciare un hardware senza fili nel minor tempo possibile.
Snapchat lancia la sfida ai Google Glass
Le prime voci inerenti questi dispositivi a realtà aumentata hanno iniziato a circolare circa due anni fa. Infatti, già nel 2014, è stato riportato che Snapchat avesse acquisito le cuffie AR Labs dal produttore Vengeance Labs per 15 milioni di dollari. Il progetto però sembrava essere stato archiviato, fino a marzo di quest’anno, quando è stato rivelato che la società stava iniziando un processo di assunzioni e reclutamento di esperti di dispositivo indossabili. Finora, si pensa che il device di Snapchat sarà molti simile ai Google Glass. Le vendite di questo particolare prodotto non hanno raggiunto i livelli sperati dal colosso di Mountain View, sarà quindi interessante vedere cosa avrà in serbo Snapchat.
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Una seconda ipotesi è che Snapchat stia già cercando di sviluppare le proprie applicazioni AR. L’azienda, infatti, vanta di un importante dipartimento di ricerca, che vede esperti nelle tecnologie indossabili lavorare al fianco di scienziati ed ingegneri su sistemi di apprendimento automatico.
Qualunque siano i piani della società, una cosa è certa, Snapchat è destinata inevitabilmente ad espandersi oltre ai parametri correnti di applicazione di messaggistica visiva, a causa della sua continua crescita. Il rilascio di un dispositivo hardware potrebbe avvicinarla ai giganti tecnologici come Google e Facebook, non esattamente le peggiori aziende da emulare.