Terremoti: scoperta la faglia responsabile dei danni al Colosseo

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Gli speleologi hanno individuato la faglia responsabile del terremoto risalente al V secolo d.C., responsabile degli ingenti danni al Colosseo, simbolo della città di Roma. La faglia, che passa per i Monti Sibillini, nei pressi di Ascoli Piceno, è stata oggetto di uno studio pubblicato sulla rivista Tectonics, secondo il quale si tratta di un fenomeno geologico effettivamente capace di causare sismi distruttivi almeno ogni 1500-2000 anni.

Ha condotto la ricerca il professor Paolo Galli, sismologo presso l’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Igag-Cnr) e in collaborazione con le Università La Sapienza di Roma e Gabriele D’Annunzio di Chieti-Pescara.

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L’importanza dello studio sulle rocce

Effettuando studi sulla conformazione delle rocce interessate dai sismi, gli scienziati sono riusciti a ricostruire i terremoti originati dalla faglia del Monte Vettore: “sapevamo che in passato quella faglia aveva causato forti terremoti, ma non era associata a terremoti risalenti a tempi storici“, ha detto Edoardo Peronace dell’Igag-Cnr.

Continuando con i rilevamenti sulle rocce interessate dalla faglia, è stato appurato che essa ha causato almeno altri cinque eventi sismici particolarmente distruttivi. È proprio in base a questi risultati che è stato possibile acclarare la sua diretta responsabilità nel terremoto che ha interessato il Colosseo, causando danni particolarmente seri.

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Faglie silenti, un pericolo ancor più insidioso

In virtù degli importanti risultati conseguiti con lo studio, è evidente la necessità di tenere sotto stretta osservazione fenomeni geologici come le faglie. In questo modo infatti, sarà possibile avere un’idea di quando eventi come quello che ha interessato il Colosseo possono intervenire di nuovo e cercare, per quanto possibile, di stabilire quantomeno una prassi di prevenzione, o meglio di limitazione dei danni.

Le faglie silenti“, conclude il professor Galli, “potrebbero essere più distruttive di quelle attive, proprio perché non vengono considerate seriamente quando si valutano i rischi sismici“.

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