Un team internazionale di biologi ha scoperto dei microrganismi che vivono in sedimenti a 1180 metri di profondità nell’oceano, a temperature sorprendenti che si aggirano attorno ai 120 gradi Celsius, in uno studio condotto nell’ambito del lavoro della Expedition 370 dell’International Ocean Discovery Program.
A fare questa incredibile scoperta, sono stati i ricercatori della spedizione organizzata dall’Agenzia giapponese Marine-Earth Science and Technology (MEST), dell’Università di Brema, dell’Università di Hyogo, dell’Università di Kochi e dell’Università del Rhode Island (URI). Insieme, sotto la guida del professor Kai-Uwe Hinrichs di MARUM, sono giunti alla scoperta di circa 40.000 diversi tipi di microrganismi da campioni di carotaggio provenienti da 40 siti oceanici di profondità in tutto il mondo.
La ricerca si è concentrata maggiormente sul Nankai Trough al largo della costa del Giappone, dove la nave oceanografica per lo studio delle acque profonde, Chinkyu, ha perforato i sedimenti dei fondali oceanici a 1.180 metri, raggiungendo i sedimenti a 120 gradi Celsius.
Arthur Spivack, professore di oceanografia dell’Università di Rhode Island e a capo degli sforzi geochimici della spedizione organizzata dall’Agenzia giapponese MEST e dal MARUM-Center, assieme ai suoi colleghi dell’URI, Kira Homola e Justine Sauvage, ha affermato che un modo per riuscire ad identificare la vita è cercare prove del metabolismo. Il team URI ha anche sviluppato un modello per il regime di temperatura del sito.
Spivack ha dunque dichiarato: “abbiamo trovato prove chimiche dell’uso da parte degli organismi di materiale organico nel sedimento che consente loro di sopravvivere. Questa ricerca ci dice che i sedimenti profondi sono abitabili in luoghi che ritenevamo possibili”.
Secondo Spivack questa ricerca potrebbe indicare la possibilità di vita in ambienti difficili su altri pianeti. I sedimenti che si trovano in profondità sui fondali oceanici sono infatti habitat molto difficili, dove la temperatura e la pressione aumentano costantemente con la profondità, mentre l’approvvigionamento energetico diventa sempre più scarso.
È noto solo da circa 30 anni che, nonostante queste condizioni, i microrganismi abitano i fondali marini a profondità di diversi chilometri. Per studiare come le alte temperature influenzano la vita nella biosfera dei sedimenti a così elevate profondità e temperature, è necessaria un’estesa perforazione in acque profonde.
Hinrichs spiega infatti che “solo pochi siti di perforazione scientifica hanno ancora raggiunto profondità in cui le temperature nei sedimenti sono maggiori di 30 gradi Celsius. L’obiettivo della spedizione T-Limit, quindi, era di perforare un buco profondo mille metri nei sedimenti con una temperatura fino a 120 gradi Celsius, e ci siamo riusciti”.
Come afferma infatti Fumio Inagaki di JAMSTEC, “sorprendentemente, la densità della popolazione microbica nei sedimenti, è notevolmente scesa ad una temperatura di soli 45 gradi. È affascinante, nel fondale oceanico ad alta temperatura, che ci siano ampi intervalli di profondità che sono quasi senza vita. Ma poi siamo stati in grado di rilevare di nuovo le cellule e l’attività microbica in zone più profonde e ancora più calde, fino a una temperatura di 120 gradi.”
Determinare i limiti della vita sulla Terra, presenta tante sfide quanto la ricerca della vita nello spazio, soprattutto dal punti di vista tecnologico. Spivack ritiene che gli studi proseguiranno sui campioni raccolti dal team. “La tecnologia per esaminare i campioni raccolti dalla luna ha richiesto diversi anni per essere sviluppata, e lo stesso sarà vero per questi campioni dalle profondità dei sedimenti oceanici. Stiamo sviluppando la tecnologia ora per continuare la nostra ricerca“.
Ph. Credit: Expedition 370 dell’International Ocean Discovery Program
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