Negli ultimi cento anni, il fondale del Tamigi ha restituito centinaia di ossa umane, portando alla luce un mistero che attraversa secoli di storia. Un recente studio pubblicato su Antiquity ha analizzato oltre 60 scheletri trovati nel fiume, risalenti a un periodo compreso tra il 4000 a.C. e il 1800 d.C. La maggior parte di questi resti appartiene all’Età del Bronzo (2300-800 a.C.) e all’Età del Ferro (800 a.C.-43 d.C.), suggerendo che gettare corpi nel Tamigi fosse una pratica consolidata.
Riti, battaglie o casualità?
Gli archeologi hanno avanzato diverse ipotesi per spiegare questa macabra usanza. Una delle prime teorie suggeriva che i corpi appartenessero a guerrieri caduti in battaglia, forse in scontri tra Celti e Romani. Tuttavia, studi successivi hanno messo in dubbio questa spiegazione.
Alcuni esperti hanno proposto che le ossa provengano dall’erosione di antiche sepolture situate sulle rive del fiume, o che siano resti di persone annegate accidentalmente. Ma le ultime ricerche indicano che il numero e la disposizione dei corpi non possono essere attribuiti al caso.
Il rituale delle acque
Secondo Nichola Arthur, autrice principale dello studio, il fenomeno non sarebbe isolato: in tutta l’Europa nord-occidentale, sono stati trovati scheletri in contesti acquatici, suggerendo un rito ben preciso.
“La violenza è un tema ricorrente nei resti umani trovati nei fiumi e nelle paludi. Molti dei corpi rinvenuti nel Tamigi mostrano segni di traumi scheletrici, indicando morti violente”,
ha spiegato Arthur. Questo porta a ipotizzare che i corpi potessero essere offerti agli dei o abbandonati nell’acqua come parte di un rituale sacro.
Nuove ricerche in arrivo
Nonostante le nuove scoperte, il mistero dei cadaveri del Tamigi resta irrisolto. Gli archeologi intendono approfondire lo studio per comprendere meglio come questi corpi si inseriscano nelle pratiche funerarie e rituali dell’epoca.
“Ci sono ancora molte domande aperte, ma una cosa è certa: qualcosa di significativo accadde lungo il Tamigi durante l’Età del Bronzo e del Ferro”, ha concluso Arthur.
Svelare questo enigma potrebbe offrire nuove prospettive sulla vita e le credenze delle antiche popolazioni britanniche.