Var, i numeri della tecnologia che ha rivoluzionato il calcio

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Le ultime immagini che fanno la storia della Var arrivano direttamente dalla patria del calcio romantico, il Brasile. Prima del match tra Sao Paulo e Flamengo, il direttore di gara Ricardo Marques Ribeiro, si è fermato a pregare davanti al Var, le mani giunte davanti al monitor, per poi benedire lo schermo e farsi il segno della croce.

Sì, forse la tecnologia del calcio è diventata un Vangelo, o per molti una divinità. Chiedetelo ai tifosi del Tottenham, che hanno visto annullare all’ultimo secondo, proprio dal Var, il gol della beffa e dell’eliminazione da parte di Stearling, nel quarto di finale contro il Manchester City. Senza l’occhio dell’assistente in sala video oggi non ci sarebbe nessuna finale tra Liverpool e Spurs e tanti saluti alla tripletta, storica, di Lucas Moura.

 

I numeri della Var

Anche da noi, il Video Assistant Referee sta facendo sempre meglio, con pochissimi errori ma sempre le solite polemiche. In 313 partite disputate sono 1.984 gli episodi sottoposti a check, anche silenzioso (ovvero senza interrompere la partita o dire all’arbitro di recarsi al monitor). La media è di 6.3 a partita, contro le 5.1 dello scorso anno.

Gli interventi diretti del Var sono saliti a 121, vale a dire uno ogni 2.58 gari (lo scorso anno era uno ogni 3.15 gare) con gli arbitri impegnati a guardare dallo schermo ben 92 volte. Alla fine sono state 60 le correzioni e 32 le decisioni confermate. In altre 29 circostanze, invece, è stato il Var a sovrapporsi al direttore di gara, arrivando così a 89 correzioni: 43 riguardanti i gol, 38 i rigori e solo 8 per le espulsioni.

 

Il parere dell’ex arbitro Luca Marelli

C’è ancora molto, però, da migliorare. Il Var è uno strumento troppo limitato, che agisce ancora in maniera poco incisiva. È di questo parere Luca Marelli, ex arbitro di Serie A e opinionista autorevole del mondo arbitrale, che ai microfoni di Bwin ha commentato alcuni dei limiti del Var: “Può sembrare paradossale ma il vero nemico del VAR è l’IFAB, cioè l’ente che sovrintende le regole del gioco.  Averlo limitato fino ai limiti visti quest’anno è paradossale. Sì, l’IFAB lo ha volutamente limitato. Trasformare la dizione ‘chiaro errore’ in ‘chiaro ed evidente errore’ non è marginale ma una precisa determinazione del board. In Inghilterra si mangia malissimo ma la grammatica la conoscono: aggiungere un aggettivo rafforzando in senso restrittivo un concetto significa aver volutamente ristretto l’ambito di applicazione della tecnologia”.

Tra gli argomenti più controversi c’è quello di danno procurato, che, secondo Marelli, non presuppone per forza un’azione illegittima. “Il danno procurato è una scorciatoia facile per evitare di comprendere concetti leggermente più complicati come fallo negligente od imprudente”.

 

L’ultima idea: uno sponsor per il VAR

Ma quello arbitrale è un mondo in continuo cambiamento. Stando a quanto riporta il Financial Times, si starebbe pensando di inserire degli spot pubblicitari ad ogni pausa video dovuta al Var. Tim Crow, consulente di marketing sportivo, basandosi sui 27 minuti totali in cui la schermata Var è comparsa ai Mondiali di Russia, ha detto parlato di un guadagno di quasi 16 milioni di euro, per spazi pubblicitari di 600.000 euro al minuto.

Forse non finiranno le polemiche, ma potranno arrivare nuove risorse per il calcio.

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