La Commissione EAT-Lancet ha pubblicato un aggiornamento del celebre rapporto sulla “dieta planetaria”, un modello alimentare pensato per nutrire in modo sano una popolazione globale in crescita, riducendo al contempo l’impatto ambientale. La nuova versione non si limita a ribadire i principi base della sostenibilità, ma punta a renderli concretamente applicabili in ogni parte del mondo, tenendo conto delle diverse culture, risorse e abitudini alimentari.
I pilastri della dieta planetaria
Alla base del modello proposto restano i cibi vegetali: cereali integrali, legumi, frutta, verdura, noci e semi. Il consumo di carne rossa, zuccheri e alimenti ultra-processati dovrebbe invece essere ridotto in modo significativo. Questo approccio permette di mantenere un equilibrio tra salute e sostenibilità, promuovendo un’alimentazione più ricca di fibre, vitamine e minerali, e meno carica di grassi saturi e additivi.
Benefici per la salute globale
Secondo le stime, adottare su larga scala la dieta planetaria potrebbe evitare milioni di morti premature ogni anno, riducendo il rischio di malattie croniche come infarti, diabete e tumori. I benefici non si limitano alla salute fisica: migliorare la qualità del cibo e ridurre la dipendenza da prodotti industriali e zuccherati ha effetti positivi anche sul benessere mentale e sulla qualità della vita complessiva.
La sfida dell’accessibilità
Nonostante i vantaggi, uno dei principali ostacoli resta l’accessibilità economica. Molte persone, soprattutto nei paesi a basso reddito, non possono permettersi il paniere minimo di alimenti freschi e sani suggeriti dal modello. Per questo, il nuovo rapporto insiste sull’importanza di politiche pubbliche che rendano il cibo sano un diritto e non un privilegio: incentivi, sussidi e filiere corte possono fare la differenza.
Disuguaglianze e squilibri globali
Il sistema alimentare mondiale mostra forti squilibri: in alcune aree si consuma troppa carne e troppo zucchero, mentre in altre mancano frutta, verdura e legumi. Questa disparità non è solo un problema nutrizionale, ma anche sociale e ambientale. La transizione verso diete più sostenibili richiede quindi una profonda revisione delle politiche agricole, commerciali e di distribuzione, per garantire equità e sicurezza alimentare a livello globale.
Le critiche e le resistenze
Come ogni grande cambiamento, anche la dieta planetaria incontra resistenze. Alcuni ritengono che le raccomandazioni siano troppo restrittive o difficili da applicare in contesti dove la carne o i latticini hanno un forte valore culturale. Altri temono che le lobby agroalimentari ostacolino l’evoluzione del sistema. Tuttavia, gli esperti ribadiscono che il cambiamento non significa rinunciare al gusto o alla tradizione, ma reinterpretarli in chiave moderna e sostenibile.
Le politiche necessarie per il cambiamento
Per trasformare i principi in realtà servono azioni concrete: ridurre i sussidi alle produzioni inquinanti, sostenere l’agricoltura rigenerativa, tassare gli alimenti poco salutari e valorizzare quelli nutrienti e sostenibili. Anche la lotta agli sprechi alimentari è una priorità assoluta, così come la promozione di tecnologie agricole innovative e il miglioramento della gestione delle risorse idriche.
La responsabilità di ciascuno di noi
Infine, la transizione verso una dieta sostenibile non riguarda solo governi e aziende: ogni persona può contribuire con le proprie scelte quotidiane. Ridurre le porzioni di carne, preferire prodotti locali e stagionali, evitare lo spreco di cibo sono piccoli gesti che, moltiplicati su scala globale, possono generare un impatto enorme. Il nuovo rapporto EAT-Lancet ci ricorda che il futuro del pianeta si costruisce anche a tavola — un pasto alla volta.
Foto di Randy Fath su Unsplash

