Circa 20 milioni di anni fa un predatore dalla bocca e denti grandi girovagava nelle acque dei nostri oceani. Il megalodonte era il più grande squalo mai vissuto sulla Terra, poteva raggiungere lunghezze esorbitanti e per milioni di anni è stato la paura dei mari. Improvvisamente questo animale non esisteva più. Che fine aveva fatto? Cosa sia successo veramente a questa specie non è ancora chiaro ed è oggetto di studio di molti ricercatori.
Ora un nuovo studio ha suggerito che i grandi squali bianchi, che al tempo coesistevano con i megalodonti, predavano gli stessi tipi di animali che mangiava lo squalo più grande e questo potrebbe aver accelerato l’estinzione di quest’ultimo. Ciò evidenzia inoltre che non bisogna essere dei grandi predatori per dominare un ecosistema.
Grandi squali bianchi, loro la possibile causa dell’estinzione dei Megalodonti
Ovviamente ricostruire le catene alimentari di animali estinti è alquanto difficile. Non possiamo guardare come questi animali si nutrivano o come vivevano. Un’opzione per dedurre ciò che un animale ha mangiato è esaminare le molecole che compongono il suo corpo. I livelli di isotopi di zinco nei denti dei mammiferi odierni sono correlati con il punto in cui cadono nella catena alimentare. Più l’animale sta alto nella catena alimentare, più bassi sono gli isotopi di zinco.
Proprio perché i denti sono ottimi fossili, i ricercatori si sono chiesti se potevano vedere lo stesso nei mammiferi antichi. Analizzando i denti di oltre 100 specie di squali, i ricercatori hanno cercato di capire se i livelli di isotopi potessero cambiare con l’invecchiamento dei denti. Gli squali che mangiano piccoli pesci hanno valori più alti, ad esempio, rispetto agli squali che mangiano le balene e sono più alti nella catena alimentare. I ricercatori hanno quindi considerato la rete alimentare tracciata dai numeri di antichi denti.
Se il grande bianco mangiava lo stesso tipo di preda, allora forse gli squali più piccoli gareggiavano con il megalodonte per il cibo. In tal caso, potrebbero aver contribuito alla sua eventuale caduta, insieme a potenziali cambiamenti in altri aspetti dell’ecosistema, come il clima.